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Il laboratorio di analisi Studio Ortokinesis, è un laboratorio di analisi con sede a Trepuzzi

Il laboratorio di analisi Studio Ortokinesis,  è un centro di laboratorio di analisi con sede a Trepuzzi,  dove si possono effettuare check up (di base o completo) attraverso diversi tipi di analisi cliniche.

 

è importante sottoporsi a controlli periodici di routine ed esami clinici specifici, per indagare sullo stato di salute del paziente e individuare l’eventuale insorgere di una malattia in fase ancora preclinica.

Lo scopo dei check-up è proprio quello di dare una visione più ampia sullo stato di salute del paziente e diagnosticare o prevenire l’insorgere di patologie più gravi. Essi comprendono sia test generici che specifici legati al sesso, all’età del paziente e al suo stile di vita.

 

Presso il nostro centro analisi  si effettuano prelievi del sangue, utili a capire lo stato di salute di alcuni organi come fegato, rene e cuore.  Questi sono controlli non specialistici che, se ripetuti periodicamente, consentono la prevenzione di alcune malattie.

Con l’esame del sangue si possono conoscere, attraverso il controllo di diverse sostanze, quali sono i valori della glicemia, del colesterolo, dei trigliceridi, dell’azotemia, delle transaminasi, dell’emocromo e della creatinina.

Scoprire ad esempio qual è la quantità di glucosio presente nel nostro corpo, in modo da individuare subito il rischio di ammalarsi di diabete. L’esame del sangue serve anche a individuare il colesterolo in eccesso, la cui presenza può aumentare il rischio di infarto. Per gli anziani utile, poi, controllare la transaminasi, che consente di tenere sotto controllo il fegato, o effettuare gli esami FT3, FT4 e TSH per le disfunzioni della tiroide.

Le analisi delle urine, infine, aiutano a diagnosticare il mal funzionamento dei reni.

In base alle proprie esigenze cliniche il paziente può scegliere tra diversi pacchetti che il nostro laboratorio di analisi cliniche vi propone:

  • Pacchetto cardiovascolare
  • Pacchetto funzionalità renale
  • Pacchetto funzionalità epatica
  • Pacchetto osteoporosi
  • Pacchetto prevenzione diabete
  • Controllo della tiroide di base e completo

Tutti i test e le analisi saranno svolti da personale altamente qualificato. Il nostro staff vi indirizzerà verso il profilo di check up più adatto alla vostra persona.

Il centro è aperto dal lunedì al sabato  dalle ore 7.30 alle 12,30 e dalle 17.00 alle 18.00  I prelievi saranno effettuati dalle 7.00 alle 9.30

Ortopedia: per braccia e gambe in salute. Prenota adesso0832 347731

Quella che oggi chiamiamo ortopedia era in origine la pratica di correzione del fisico e della postura nei bambini. Il termine deriva infatti da orthòs, che in greco significa “dritto”, e pàis, “bambino”. I primi interventi mirati a risolvere e curare specifiche patologie si tennero solo nel XIX secolo, in Francia e Gran Bretagna. Oggi l’ortopedia si caratterizza per la sua triplice funzione educativaterapica e chirurgica.

Lo scopo della visita ortopedica è verificare l’esistenza di eventuali alterazioni o disfunzioni dell’apparato locomotore (o muscolo-scheletrico). Le zone interessate sono la colonna vertebrale, gli arti inferiori (anca, ginocchio, piede e caviglia) e quelli superiori (spalla, gomito, mano e polso). I traumi – di natura congenita o acquisita – includono l’artrosi, l’ernia del disco, l’osteoporosi, la lussazione dell’anca, la scoliosi, la sindrome del tunnel carpale, i problemi al menisco, la fascite plantare e il valgismo.

Prima della visita vera e propria, lo specialista svolge l’anamnesi, ossia la raccolta di informazioni circa lo stato di salute del paziente dalla nascita al presente; si terranno in considerazione anche le sue abitudini di vita e il lavoro. Dopo questa fase, il medico ortopedico procede all’osservazione e alla palpazione delle zone interessate, compiendo test di vario tipo per valutare i riflessi, la forza muscolare, la postura e l’ampiezza dei movimenti. Prima della diagnosi finale – che può consistere in una terapia a lungo termine o in un intervento – potrebbe rivelarsi necessario un esame radiologico di approfondimento.

28 settembre: Giornata mondiale del cuore

La Giornata Mondiale per il Cuore (World Heart Day) è celebrata il 29 Settembre di ogni anno. È una campagna mondiale di informazione e sensibilizzazione sulla prevenzione delle malattie cardio-cerebro vascolari, promossa in tutto il mondo dalla World Heart Federation attraverso una comunità di oltre 200 organizzazioni nazionali che, insieme, sostengono l’impegno della società medica e delle fondazioni per il cuore in oltre 100 paesi.
 
In Italia la Giornata Mondiale per il Cuore è coordinata dall’Associazione Fondazione Italiana per il Cuore membro nazionale della World Heart Federation, con l’obiettivo di informare e sensibilizzare le persone, le famiglie, le comunità e il mondo politico invitando tutti a promuovere iniziative e attività per adottare corretti stili di vita per ridurre i fattori di rischio cardiovascolare che sono la causa principale di queste patologie.
 
Le malattie cardio-cerebro vascolari sono tutt’oggi in assoluto la prima causa di morte nel nostro come in moltissimi paesi del mondo. Ogni anno sono responsabili di ben 17.5 milioni di morti premature e si prevede che nel 2030 aumenteranno a 23 milioni. In Italia ben 127.000 donne e 98.000 uomini muoiono ogni anno per le malattie cardio-cerebrovascolari e molte di queste morti si verificano in modo prematuro prima dei 60 anni di età.
 
Il fumo di sigaretta, elevati livelli di colesterolo, ipertensione, elevati livelli di zuccheri nel sangue, alimentazione scorretta, peso e circonferenza addominale, sedentarietà, stress e condizioni di vita in ambienti non salutari sono i fattori di rischio modificabili responsabili per almeno l’80% delle morti premature causate dalle malattie cardio-cerebro vascolari, tra cui infarto, scompenso e ictus, che possono essere evitate.

Come prepararsi al meglio ad affrontare i malanni che autunno e inverno portano con sé

Il mese di settembre segna il passaggio dalla stagione estiva, tendenzialmente la migliore dal punto di vista dei malanni e della qualità dello stato di salute, a quella autunnale, in cui normalmente si manifestano solo piccoli disturbi di inizio stagione, ma anche periodo ideale per prepararsi alla stagione fredda.

Ancora una volta è opportuno ricordare che nulla è strettamente necessario quando si parla di strategie preventive, ma spesso alcune scelte risultano utili e preziose.

 

 

Nella grande maggioranza dei casi le patologie stagionali invernali non sono a decorso problematico. A meno di condizioni fisiche particolarmente compromesse o di compresenza di stati di malattia – in particolare a carico dell’apparato respiratorio ma anche cardiocircolatorio - generalmente le patologie invernali si superano senza conseguenze durature né strascichi: è evidente che tanto maggiori sono i rischi di complicanze, tanto più utile e preziosa diviene la scelta di attuare strategie preventive.

Quando si parla di prevenire le malattie invernali, si pensa subito all’influenza e alla relativa vaccinazione: in realtà si tratta solo di una delle misure preventive, dato che riguarda esclusivamente l’influenza, di fatto circoscritta solitamente ad un episodio, solitamente nella seconda metà dell’inverno.

Prima del picco influenzale e durante tutto l’arco dell’inverno si può incorrere in altre patologie di origine virale o batterica, infettive quindi e fortemente diffuse nella popolazione, che coinvolgono le vie aeree sia alte che basse: tonsilliti, bronchiti, bronchioliti - molto diffuse e molto debilitanti nei bambini piccoli e piccolissimi – polmoniti, senza tralasciare gli stati di raffreddamento, più fastidiosi che debilitanti.

Tutte queste patologie, spesso ricorrenti soprattutto nei bambini e negli anziani, costituiscono quel vasto panorama di malattie parainfluenzali che possono rendere l’inverno faticoso da superare.

Immunostimolazione contro i malanni invernali

Per quanto riguarda invece le altre malattie stagionali, può essere molto utile ricorrere a strategie preventive di immunostimolazione, che può essere specifica oppure genericamente aspecifica.

• Immunostimolazione specifica: si tratta di preparati a base di lisati batterici, ovvero di derivati dei ceppi patogeni opportunamente trattati in modo di privarli della capacità di indurre uno stato di malattia, conservando le parti responsabili della produzione di anticorpi da parte dell’organismo da proteggere; l’uso di questi preparati richiede cicli ripetuti, il primo dei quali è da iniziare per l’appunto nel mese di settembre, ed è indicato per tutte le persone che durante l’inverno ricadono frequentemente in malattie batteriche delle vie aeree con conseguente ripetuto ricorso a terapie antibiotiche.

• Immunostimolazione aspecifica: si tratta in questo caso di integratori a base di vitamina C, magnesio, zinco e di sostanze fitoterapiche – come Echinacea e Uncaria - che hanno lo scopo di innalzare le difese dell’organismo, cioè la capacità da parte di un individuo di difendersi da tutti gli agenti patogeni indistintamente. Le diverse strategie non si escludono vicendevolmente: il medico di base o il farmacista possono essere un valido supporto per ottenere gli opportuni consigli.

COME FRONTEGGIARE LA SINDROME DA RIENTRO?

Ansia, insonnia, nervosismo, spossatezza eccessiva, leggera depressione: sono questi i sintomi con cui si presenta la sindrome da rientro. Chi ne soffre, si sente incapace di concentrarsi, appesantiti, schiacciati dal senso di responsabilità e dai compiti incombenti. Un senso diffuso di malessere è spesso accompagnato da irritabilità e sbalzi d’umore repentini. Ma esistono delle strategie per fronteggiare la sindrome da rientro. Eccole. 

 

 

• Dormire molto e bene, evitando di passare dalle 8-10 ore di sonno del periodo vacanziero alle 6-7 che ci si concede al rientro.  

 

• Rientrare dalle vacanze alcuni giorni prima per smorzare l’impatto con la vita cittadina. Se possibile, anche il lavoro andrebbe ripreso gradualmente.  

 

• Fare attività fisica aiuta a diminuire lo stress e a riposare meglio. 

 

• Seguire un’alimentazione corretta. Il cervello ha bisogno soprattutto di zucchero, perciò ben vengano, nelle giuste quantità, pasta, pane e frutta.  

 

• Il passaggio dalla luce del sole in spiaggia a quella artificiale dell’ufficio può mettere sotto stress il corpo e la mente. Un consiglio: fare la pausa pranzo all’aria aperta. 

 

• Prendersi delle pause frequenti: bastano quindici minuti ogni due ore per far riposare gli occhi e spezzare l’intensità del rientro. 

 

• Niente tecnologia a letto perché il cervello potrebbe smettere di associare quella stanza al momento del sonno. 

Dermatite da stress o eczema da contatto, di cosa si tratta?

Dermatite è un termine generico che indica una condizione morbosa della pelle che si caratterizza per la presenza di un processo infiammatorio; i suoi principali sintomi sono prurito, secchezza, gonfiore, arrossamento ed eruzioni cutanee. Talora poi possono anche manifestarsi desquamazione, piccole lesioni, bolle e crosticine. Essa in effetti, può essere considerata una reazione della cute sia ad agenti esterni (si pensi, ad esempio, agli allergeni) che a fattori interni (infezioni, carenze o eccessi alimentari, reazioni allergiche, contatto con prodotti irritanti ecc.).

 

Questa patologia, lo ricordiamo, può colpire diverse aree del corpo, ma le zone più a rischio sono il viso, le mani e il cuoio capelluto. Essa, inoltre, può essere acuta, se si manifesta in maniera occasionale, oppure cronica, quando la sua sintomatologia si presenta ripetutamente.

Alla base di questo processo infiammatorio possono esserci diverse cause, ciascuna delle quali determina una particolare forma di dermatite con specifiche caratteristiche. Si pensi, ad esempioa quella atopica, denominata anche eczema, alla dermatite seborroica, alla periorale, alla dermatite allergica o a quella da stress: a seconda del tipo di infiammazione sarà necessario ricorrere a uno specifico trattamento.

Al fine di contrastare la sintomatologia della dermatite atopica e di quella seborroica il paziente deve sottoporsi a un trattamento cortisonico topico o, nei casi più gravi, deve assumere farmaci cortisonici per via orale per un arco di tempo limitato. Inoltre è opportuno evitare tutti i possibili prodotti allergizzanti, sia di tipo alimentare che ambientale. Il ricorso agli antistaminici poi contribuisce a ridurre la sensazione di prurito e il conseguente grattamento, soprattutto se si tratta di una dermatite pruriginosa. Nel caso in cui il processo infiammatorio sia stato determinato da una infezione batterica, il medico prescriverà degli appositi farmaci antibiotici; in tal caso è raccomandabile la contestuale assunzione di probiotici, di cibi ricchi di omega 3 e omega 6 e di vitamina E, allo scopo di evitare il riacutizzarsi del processo morboso.

Una delle forme  più diffusa è il cosiddetto eczema da contatto, noto anche come dermatite allergica o irritativa da contatto. Essa colpisce per lo più le mani, il viso e il cuoio capelluto, in quanto queste zone possono venire più facilmente in contatto con sostanze allergizzanti.  Questo tipo di infiammazione ha luogo quando si viene in contatto con saponi, trucchi o tinture per capelli che contengono sostanze irritanti.

Con questo termine  si intende una infiammazione della cute determinata da un elevato livello di tensione e di ansia: si ipotizza, infatti, che gli ormoni dello stress siano in grado di stimolare la risposta immunitaria all’irritazione. Generalmente questo tipo di dermatite ha luogo in corrispondenza di periodi di eccessivo sovraffaticamento, sia mentale che fisico.

Psoriasi: sintomi e rimedi di questa malattia della pelle

La psoriasi è una malattia della pelle, ovvero una dermatite che si sviluppa sotto forma di lesioni ed arrossamenti piuttosto persistenti in diverse parti del corpo. La pelle risulta molto più spessa del normale, arrossata e squamosa; l’istinto principale nella persona colpita da psoriasi è quello di grattarsi, in quanto la dermatite causa molto prurito. Può presentarsi a qualsiasi età, sotto diverse forme.

Non tutti i punti del corpo sono colpiti allo stesso modo dalla psoriasi; pur potendosi presentare in qualsiasi zona, quelle maggiormente a rischio sono:

  • I gomiti;
  • Le ginocchia;
  • Il viso;
  • Le mani e i piedi;
  • Il cuoio capelluto;
  • La parte lombare della schiena.

sintomi della psoriasi variano da persona a persona. Sono molto soggettivi: in alcune persone la malattia si manifesta semplicemente attraverso un’irritazione, in altre può presentarsi con molta insistenza, tanto da condizionare al 100% le proprie abitudini quotidiane. Gli effetti sono molto simili a quelli di altre malattie della pelle, quindi non sempre è così semplice diagnosticare la psoriasi distinguendola dalle altre dermatiti.

Nella maggior parte dei casi la psoriasi si manifesta attraverso delle placche che si formano sulla pelle. Questa, arrossata, si ricopre di squame grigiastre che provocano bruciore e prurito.

Quando le lesioni sono particolarmente profonde, la cute può rompersi portando all’apertura di vere e proprie ferite; in questo caso la dermatite diventa un problema in grado di influenzare la vita di tutti i giorni. Tuttavia, le lesioni non causano cicatrici permanenti.

La psoriasi quindi può essere definita una malattia cronica ed infiammatoria molto fastidiosa non solo a livello fisico, ma anche a livello psicologico. Chi è colpito da questa dermatite spesso tende a isolarsi o, perlomeno, a coprirsi il più possibile, compromettendo i rapporti con le persone intorno.

Le cause della psoriasi possono essere diverse. Sicuramente esiste una tipologia di psoriasi legata alla genetica; quindi una persona che presenta familiarità con questo tipo di malattia sarà più facilmente soggetta, in particolari periodi della vita, alla psoriasi. Stiamo parlando tuttavia della tipologia più difficile da trattare, che spesso si presenta in età adolescenziale.

In altri casi la psoriasi può essere legata a fattori esterni o, ancora, a una particolare situazione personale di colui che ne è affetto. Oltre allo stress, possono influire anche i problemi intestinali, l’abuso di alcool, alcune infezioni o la reazione a particolari farmaci assunti. Anche cambiamenti ormonali, ustioni solari e traumi di diversa origine possono scatenare la psoriasi; in tutti questi casi i primi sintomi si possono presentare anche in età adulta.

Bisogna sottolineare il fatto che per ora non esiste una cura definitiva contro la psoriasi; si possono tuttavia utilizzare delle creme, assumere dei farmaci e seguire la fototerapia per alleviare i sintomi.

D’altro canto bisogna anche specificare che questa malattia non è infettiva, quindi il contatto con una persona che ne è affetta non pregiudica la salute dell’altra persona; questa dermatite non dev’essere quindi vista come un problema per il quale tenere le distanze dalla persona colpita.

Ad ogni modo, i rimedi possono essere messi in atto solamente se si individua con certezza la causa alla base della malattia. Se il periodo è particolarmente stressante, ad esempio, bisogna imparare a riorganizzare la propria situazione psicologica; se la causa è invece legata a disfunzioni intestinali, bisogna porre più attenzione alla propria alimentazione, dando la precedenza a frutta, verdura e cereali.

Ci si può dedicare inoltre a qualche ora di relax attraverso specifici trattamenti termali, il cui obiettivo è quello di lenire e ammorbidire le lesioni della pelle, oltre a donare sollievo psicologico.

Puntura di Medusa? Cosa Fare!

La cattiva notizia è che, anche quest’estate, le meduse sono presenti in abbondanza nei nostri mari. Quella buona che, se non si è riusciti a evitarle, è possibile neutralizzare il loro potere urticante. A patto di seguire i consigli giusti e di non incappare in comuni errori. 

 

Cinque cose da fare

1. Se stai nuotando al largo e vieni sfiorato da una medusa, niente movimenti scomposti; devi respirare bene e cercare di raggiungere con calma la riva. Chiedi aiuto a qualcuno, se è necessario. Se invece sei già a riva, esci subito dall’acqua. Evita di gridare e (per quanto possibile) di agitarti.

 

 

 

 

2. Ciò che ti serve ce l’hai a portata di mano: lava la parte colpita con acqua di mare, in modo da diluire la tossina non ancora penetrata. Evita l’acqua dolce perché potrebbe favorire la rottura delle nematocisti (strutture urticanti che le meduse usano per difendersi) rimaste sulla pelle.

3. Con pazienza, cerca di pulire la pelle dai filamenti residui. Per rimuoverli, usa una tessera di plastica rigida, come bancomat o carta di credito, oppure un coltello usato di piatto (non dalla parte della lama).

4. Applica un gel astringente al cloruro d’alluminio, meglio se a una concentrazione del 5%. Serve a lenire il prurito e a bloccare la diffusione delle tossine. Lo trovi in farmacia.

5. Vai al pronto soccorso o chiama il 118 se ti accorgi che subentrano delle complicazioni, come reazione cutanea diffusa, difficoltà respiratorie, sudorazione, pallore, mal di testa, nausea, vomito, vertigini, confusione. In alcune persone particolarmente sensibili, la puntura di una medusa, ma anche di un’ape o di una vespa, può innescare una reazione allergica estrema al veleno, lo choc anafilattico.In questi casi la tempestività di intervento è fondamentale».

 

Cinque cose da non fare

1. Non strofinare la zona colpita con sabbia o con una pietra tiepida. In effetti le tossine sono termolabili, vengono cioè inattivate dal calore, ma perché ciò avvenga bisognerebbe raggiungere una temperatura di circa 50 gradi, meglio, quindi, non rischiare un’ustione.

2. Lascia perdere i rimedi della nonna, come ammoniaca, urina, aceto, alcol. Questi metodi non solo sono inutili, ma possono risultare anche dannosi. Ammoniaca e urina potrebbero ulteriormente infiammare la parte colpita».

3. Non grattarti, anche se è la prima reazione istintiva; se lo fai rompi le eventuali nematocisti residue, liberando ulteriore veleno.

4. Se la reazione è localizzata, fai a meno delle creme al cortisone o contenenti antistaminico: sono inutili perché entrano in azione solo dopo circa 30 minuti dall’applicazione e cioè quando la reazione è già naturalmente esaurita. Questi principi attivi possono invece andare bene per via orale, nel caso di lesioni diffuse o di disturbi generali, anche lievi.

5. Niente sole per qualche giorno sulla parte colpita. Nella fase di guarigione l’arrossamento lascia il posto a un’iperpigmentazione, che i raggi ultravioletti potrebbero rendere duratura. Per evitare antiestetiche macchie scure, usa una crema a filtro totale (50+).

Conosci il rischio dell’omocisteina alta? Contattaci 0832 760130

Tutti conoscono il rischio che l’eccesso di colesterolo e trigliceridi può dare alla salute di cuore e arterie, ma chi conosce il rischio che può apportare all’organismo l’omocisteina?

Questo aminoacido, che può essere misurato tramite un semplice esame del sangue, risulta sia indicatore che causa di molte malattie cardiocircolatorie, del Morbo di Alzheimer, del diabete, fino a certe forme di impotenza.

 

L’ omocisteina è prodotta dal nostro corpo a partire dalla metionina, un altro aminoacido assunto con gli alimenti; l’omocisteina viene poi eliminata dalle vitamine del gruppo B, in particolare le vitamine B6, B9 e B12.

Per mantenere sotto controllo il livello di omocisteina è quindi fondamentale assumere le giuste quantità di vitamina B, ecco gli alimenti in cui sono più presenti:

B6 – Banane, prugne secche, avocado, pesce, pollame, carni magre, fagioli secchi, cereali integrali

B9 – Fagioli, lenticchie, verdura a foglia verde (broccoli, piselli, spinaci, lattuga), arance, cereali, noccioline

B12 – Latte e prodotti caseari, frutti di mare, carne

L’ omocisteina è alta nelle persone sovrappeso e nella maggioranza dei casi “dimagrire è sufficiente a rimettere a posto anche il livello di omocisteina”.

Quello che non sai sugli esami del sangue. Contattaci 0832 760130

Gli esami del sangue permettono di raccogliere una enorme quantità di dati sullo stato di salute di una persona e su come il suo corpo stia lavorando.

Infatti nel sangue troviamo moltissime componenti, alcune stabili, altre temporanee poiché legate agli eventi metabolici dell’individuo.

Si parla di “esami” del sangue perché ne esistono numerose tipologie, ognuna col suo scopo preciso: solitamente contare la concentrazione nel sangue di una o più componenti.

 

A seconda degli esami possono capitare provette con diversi colori, lunghezze e sostanze già presenti all’interno; alcuni controlli possono essere effettuati dalla stessa provetta, altri ne richiedono una esclusiva.

Quando vengono forniti i risultati degli esami è importante non improvvisarsi medici: la fuoriuscita di un valore dai range canonici da sola significa poco.

Infatti qualsiasi analisi deve essere letta tenendo conto:

  • Della storia clinica del paziente
  • Delle sue eventuali patologie croniche
  • Di comportamenti e abitudini
  • Di tutti gli altri valori delle analisi
  • E tante altre variabili

Solo un medico ha abbastanza esperienza per accorgersi delle reali anomalie e di cosa invece può essere ignorato in quanto normale fluttuazione; perciò fai sempre controllare i tuoi esami ad un medico e non affidarti troppo ad internet.

Ecografia transvaginale. Prenotala ora 0832.606087

L’ecografia transvaginale (o TVS) viene effettuata per indagare la morfologia e lo stato di salute degli organi genitali interni femminili. Solitamente viene richiesta in casi di sanguinamenti animali, infertilità o quando la donna soffre di dolori pelvici di origine ignota. Viene utilizzata anche se ci sono sospetti di tumori o infezioni.

 

L’ecografia transvaginale non richiede alcuna preparazione della paziente, si può effettuare in qualsiasi periodo del ciclo, a vescica vuota. La paziente viene fatta sdraiare su un lettino, andando poi a inserire una sonda  (coperta da una sorta di preservativo e cosparsa di lubrificante sterile) nella vagina. Le onde sonore prodotte dalla sonda (non udibili dall’orecchio umano) vengono in parte riflesse dai tessuti che incontrano, in base alla loro densità.  Le onde sonore riflesse vengono poi rilevate dalla sonda che le ha generate, passando ad un calcolatore informatico che, dopo averle elaborate, è in grado di generare immagini delle parte anatomiche analizzate in tempo reale.

Si può ricorrere alla TVS anche al termine del primo mese di gravidanza, poiché questo tipo di ecografia permette di produrre delle immagini dell’embrione di qualità nettamente superiore rispetto a quelle che si otterrebbero con una semplice ecografia transaddominale.

MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI: QUANTO NE SAI?

Sicuramente hai sentito parlare più volte di malattie sessualmente trasmissibili: si tratta di tutte quelle malattie infettive che si trasmettono con le attività sessuali (attraverso rapporti sessuali vaginali e anali non protetti, ma anche orali). 

Relativamente a questi disturbi i dati sono allarmanti: i casi di malattie a trasmissione sessuale infatti negli ultimi anni sono in aumento, soprattutto per quanto riguarda sifilide e clamidia. Per prevenire il contagio è quindi fondamentale la prevenzione, che passa sia dall'uso del preservativo sia dall'informazione: è quindi molto importante conoscere quali sono queste malattie e i loro sintomi per riuscire a individuarle precocemente (fonte salute.gov.it), ricordandosi sempre di chiedere consiglio al proprio medico curante.

 

Candida vaginale

La candida è un'infezione causata da un fungo che normalmente è presente nel nostro organismo, ma che in determinate condizioni può dare luogo a disturbi. Si riconosce facilmente dalle perdite vaginali bianche, che si presentano accompagnate da bruciore e prurito, e si cura con una terapia antimicotica.

Epatite C

L'epatite C, causata anch'essa da un virus, è una malattia che colpisce il fegato: il suo esordio è spesso senza sintomi, ma se non si interviene la patologia può provocare la cirrosi epatica.

Clamidia

La clamidia è un'infezione causata da un batterio che, se non curata con un'adeguata terapia antibiotica, può causare infertilità. Può essere difficile da individuare perché può essere asintomatica per un periodo di tempo molto lungo.

Herpes

L'herpes è causato da due ceppi virali, ovvero l'Herpes simplex tipo 1 (HSV-1) e l'Herpes simplex tipo 2 (l'HSV-2). Causa vescicole molto dolorose sulla pelle e sulle mucose.

 

Hiv e Aids

L'Aids, una malattia che attacca e debilita il sistema immunitario, è causata dal virus Hiv: per evitare che si sviluppi fin da quando viene rilevata la sieropositività attraverso un test apposito  in occasione della Giornata Mondiale contro l'Aids) è necessario assumere farmaci antiretrovirali, in grado di tenere l'infezione da Hiv sotto controllo.

Papillomavirus

Il papillomavirus (HPV) è una delle cause del cancro al collo dell'utero: il virus può rimanere latente per anni nell'organismo, senza dare particolari sintomi (che, quando compaiono, segnalano che la malattia è in stadio avanzato). Può essere individuato attraverso il pap-test, e ci si può proteggere dall'infezione con un vaccino ad hoc, anche se per evitare il contagio è sempre consigliato l'uso del preservativo.

Trichomonas vaginalis

Il trichomonas è un protozoo, che causa una malattia molto contagiosa: colpisce soprattutto le donne e si può riconoscere dalle perdite vaginali, che sono schiumose, giallastre e maleodoranti.

Sifilide

La sifilide, causata da un batterio (Treponema pallidum),è una malattia molto seria: si sviluppa in diversi tempi e per questo bisogna intervenire prontamente. Infatti, se non curata, può portare a gravi complicanze (cardiopatie, demenza, cecità, paralisi e anche morte).

Sangue occulto nelle feci: Dopo i 50 anni esame ogni anno. Prenota ora 0832 760130

Per sangue occulto nelle feci si intende la presenza di sangue sotto forma di tracce quasi impercettibili nelle feci. Sono appunto difficilmente individuabili a occhio nudo, mentre l’analisi di laboratorio consente di individuarle con chiarezza.
Solitamente stomaco e intestino perdono una minima quantità di sangue durante la digestione; in condizioni normali però sono talmente minime da non essere individuate nemmeno con il test del sangue occulto. In presenza di particolari anomalie e problemi, invece, il sanguinamento è più consistente e se viene effettuato il test, probabilmente avrà esito positivo. Questo avviene quando sono presenti dei polipi, ossia delle sporgenze su intestino e retto, che sono fragili e tendono a sanguinare.
polipi sono comuni dopo i 50 anni e la maggior parte delle volte sono benigni; quando sono maligni, tendono a diffondersi anche in altre parti dell’organismo, e possono dare origine a tumori piuttosto gravi. A tal proposito, bisogna specificare che quasi tutti i tumori del colon-retto si originano dai polipi maligni che precedentemente erano polipi benigni.

Sangue nelle feci: cause, sintomi ed esame.

L’esame del sangue nelle feci può rivelarsi fondamentale: il sangue dall’ano è infatti il primo e unico sintomo del tumore al colo-retto. L’esame può essere eseguito con modalità differenti; in ogni caso, è preferibile effettuarlo su almeno 3 campioni diversi di escrementi, raccolti in giornate diverse. Il sanguinamento è infatti intermittente e potrebbe capitare di sottoporsi all’esame in giornate prive di sangue, pur subendo queste perdite un paio di giorni dopo. Al momento del test non bisogna preoccuparsi, in quanto non è per nulla invasivo e non richiede alcun tipo di preparazione.

Valori del sangue occulto nelle feci.

Se ci si trova di fronte a un esito dell’esame del sangue occulto positivo, bisogna effettuare altri approfondimenti, tra cui la colonscopia, per individuare tutte le cause. Se invece l’esito è negativo, purtroppo non c’è la certezza che non ci si trovi di fronte ad un tumore, in quanto questo esserci ma non sanguinare. Un caso a parte è rappresentato dai falsi positivi, ossia quei casi in cui viene individuata la presenza di sangue nelle feci pur non essendo direttamente presente. Questo avviene in particolare quando si effettua l’esame dopo aver consumato troppa carne o alimenti ricchi di ferro, quando si ci trova in fase mestruale, quando si assumono specifici farmaci, ecc. Con le ultime tecnologie in ambito scientifico, tuttavia, il rischio dei falsi positivi si riduce sempre più.
Così come i già citati polipi e tumori, alcune delle cause del sangue occulto nelle feci sono più gravi, come ad esempio la cirrosi epatica, mentre altre sono molto più leggere, come ad esempio le emorroidi e le ernie. In ogni caso, è raccomandato non drammatizzare la situazione pensando al peggio, ma neanche sottovalutare delle perdite che, seppur minime, vanno sempre analizzate.

Sangue nelle feci: le eccezioni

Anche se solitamente il sangue non è individuabile a occhio nudo, esistono delle eccezioni. In particolare, il sangue è visibile nei casi di:
– Melena, con feci di colore molto scuro, in quanto il tradizionale colore marrone si è unito a quello del sangue che, durante il passaggio nell’intestino, ha cambiato colore;
– Ematochezia, ovvro quando siamo in presenza dim sangue rosso vivo nelle feci;
– Feci striate di sangue, probabile conseguenza della presenza di ragadi anali o emorroidi.
Anche se non ci si trova in presenza di particolari sintomi, dopo i 45-50 anni, è buona norma sottoporsi una volta all’anno all’esame delle feci, per individuare in tempo ed eventualmente prevenire eventuali tumori intestinali. Non bisogna dimenticare che questo problema può riguardare alo stesso modo sia gli uomini che le donne.

Ortopedia: per braccia e gambe in salute. Prenota adesso0832 347731

Quella che oggi chiamiamo ortopedia era in origine la pratica di correzione del fisico e della postura nei bambini. Il termine deriva infatti da orthòs, che in greco significa “dritto”, e pàis, “bambino”. I primi interventi mirati a risolvere e curare specifiche patologie si tennero solo nel XIX secolo, in Francia e Gran Bretagna. Oggi l’ortopedia si caratterizza per la sua triplice funzione educativaterapica e chirurgica.

 

Lo scopo della visita ortopedica è verificare l’esistenza di eventuali alterazioni o disfunzioni dell’apparato locomotore (o muscolo-scheletrico). Le zone interessate sono la colonna vertebrale, gli arti inferiori (anca, ginocchio, piede e caviglia) e quelli superiori (spalla, gomito, mano e polso). I traumi – di natura congenita o acquisita – includono l’artrosi, l’ernia del disco, l’osteoporosi, la lussazione dell’anca, la scoliosi, la sindrome del tunnel carpale, i problemi al menisco, la fascite plantare e il valgismo.

Prima della visita vera e propria, lo specialista svolge l’anamnesi, ossia la raccolta di informazioni circa lo stato di salute del paziente dalla nascita al presente; si terranno in considerazione anche le sue abitudini di vita e il lavoro. Dopo questa fase, il medico ortopedico procede all’osservazione e alla palpazione delle zone interessate, compiendo test di vario tipo per valutare i riflessi, la forza muscolare, la postura e l’ampiezza dei movimenti. Prima della diagnosi finale – che può consistere in una terapia a lungo termine o in un intervento – potrebbe rivelarsi necessario un esame radiologico di approfondimento.

Lombosciatalgia, sintomi cause e rimedi. Prenota ora 0832.606087

Il nervo sciatico, chiamato anche nervo ischiatico, è il nervo più grande e più lungo del corpo umano, che si estende dalla parte bassa della schiena e percorre tutto l’arto inferiore, arrivando fino al piede. La compressione nel nervo sciatico porta ad una patologia nota come sciatica o sciatalgia lombare. Per lombosciatalgia infatti si intende una condizione che provoca dolore nella zona lombare, in uno dei due glutei e in uno dei due arti inferiori; può localizzarsi sia posteriormente che lateralmente.

Il dolore provocato dalla lombosciatalgia, oltre ad essere ben delimitato ad un’area del corpo, è acuto e può causare anche sensazioni di formicolio, mancanza di forza muscolare e difficoltà nel camminare. Nei casi più gravi, costringe la persona che ne è colpita all’assoluto riposo anche per diversi giorni.

Lombosciatalgia: le cause

La patologia, comunemente nota come “sciatica”, spesso è causata da un sovraccarico di lavoro. Chi solleva pesi, esegue lavori pesanti, determinando una torsione ripetitiva del tronco, può provocare questo tipo di irritazione del nervo sciatico. Oltre a ciò, possono giocare a sfavore eventuali alterazioni patologiche o interventi chirurgici della colonna vertebrale.

La lombosciatalgia può trovare la sua causa anche dalla presenza di un’ernia del disco o da altre problematiche che comportano un eccessivo lavoro da parte della zona muscolo-scheletrica lombare.

Altri fattori che certamente non aiutano sono alcune condizioni particolari come il sovrappeso, l’obesità, la sedentarietà, l’anzianità, patologie come l’artrite e il diabete, traumi alle natiche e alle cosce, ed anche la gravidanza. Soprattutto negli ultimi mesi, infatti, la futura mamma si vede sovraccaricata del peso del bambino che può irritare il nervo sciatico.

Fin dalla prima irritazione del nervo sciatico, la lombosciatalgia si presenta con sintomi evidenti. Il dolore dipende dallo stadio di avanzamento dell’infiammazione. Le persone che ne soffrono avvertono dolori penetranti, brucianti o forti come delle scosse elettriche.

Questi sintomi spesso sono avvertiti con maggiore intensità dopo starnuti, colpi di tosse o quando la persona si alza in piedi dopo aver trascorso molto tempo in posizione seduta.

In ogni caso, i sintomi della lombosciatalgia sono monolaterali; il dolore, quindi, non interessa mai entrambi i lati del corpo, ma colpisce solo la parte destra o quella sinistra. Se il dolore viene avvertito a livello del gluteo sinistro, quindi, potrà diffondersi anche lungo l’arto sinistro e la stessa zona lombare, ma non nella corrispettiva area destra.

Il formicolio, la scarsa sensibilità e la mancanza di forza muscolare che si possono avvertire in concomitanza con il classico dolore da sciatalgia spesso si localizzano in zone diverse rispetto a quest’ultimo.

Lombosciatalgia: come comportarsi?

Poiché possono essere diversi i motivi per i quali il nervo sciatico si infiamma, è opportuno prima di tutto andare ad individuare con certezza la causa scatenante. Ѐ importante rivolgersi al proprio medico quando ci si accorge che i sintomi della sciatica tendono a peggiorare, quando i dolori sono troppo forti da poter essere sopportati o quando si sono presentati in modo repentino in seguito ad un trauma o ad un impatto violento.

Bisogna, quindi, sottoporsi ad un esame obiettivo, da condurre in concomitanza con l’anamnesi del paziente. Solitamente, si ricorre a procedure diagnostiche più elaborate solo quando il dolore è fortissimo o si ipotizza una causa scatenante particolarmente grave. Solamente in questi casi, si può sottoporre la colonna vertebrale ai raggi X, alla risonanza magnetica nucleare, alla TAC o all’elettromiografia.

 

Vitamina C: gli alimenti che ne sono più ricchi. Consultati con il nostro nutrizionista 0832606087

La vitamina C (o Acido Ascorbico) è una vitamina sostanziale per il nostro organismo; i motivi per cui questa è così importante sono in realtà molteplici, innanzitutto è un potente antiossidante, rilevante per il corretto funzionamento del sistema immunitario e la sintesi di collagene nell’organismo, che è il costituente primario di vasi sanguigni, pelle, muscoli ed ossa. L’uomo infatti non può creare collagene senza la vitamina C, ed una sua carenza può portare ad una debolezza dei tessuti connettivi formando la malattia chiamata Scorbuto. È inoltre importante per lo sviluppodel tessuto cicatrizzante dei vasi sanguigni e della cartilagine e per la creazione di ATP, dopamina, tirosina e ormoni peptidici.

 

Altri benefici di questa vitamina sono il contrasto dei radicali liberi ai quali è imputabile l’invecchiamento e il deterioramento delle cellule, l’ottimizzazione nell’assorbimento di ferro contenuto negli alimenti, la prevenzione del rischio di malattie cardiovascolari e la pressione alta e il rafforzamento delle difese immunitarie, essenziale per la corretta funzionalità del nostro sistema immunitario in quanto aiuta la produzione di anticorpi. Gli esperti, infatti, ne consigliano una maggiore assunzione nel periodo invernale per prevenire i malanni stagionali. E non solo, la vitamina C è un potente antiossidante che aiuta a ridurre lo stress ossidativo e di conseguenza il rischio di cancro a qualsiasi età. I fumatori attivi e passivi, per esempio, hanno livelli più bassi di vitamina C, proprio a causa dell’aumento dello stress ossidativo, provocato dal fumo.
Anche dal punto di vista commerciale, come si può facilmente osservare dagli scaffali di una farmacia, la vitamina C è una delle più vendute, anche se come vogliamo far presente in questo articolo, il nostro organismo è geneticamente adatto ad estrarla e sintetizzarla da alimenti naturali e non da pastiglie o composti effervescenti.

La vitamina C è ampiamente distribuita in natura, tuttavia può variare in funzione della specie, del grado di maturazione e delle condizioni di conservazione e trattamento prima del consumo, ci sono infatti alcune variabili che influenzano notevolmente la presenza di questa vitamina negli alimenti, il contatto con l’aria ad esempio tende a diminuirne la sua concentrazione negli alimenti; il caloretende a “distruggerla”, per questo è molto più conveniente nutrirsi di alimenti crudi quando è possibile. Anche la freschezza dell’alimento è fondamentale per la presenza di vitamina C; quanto più tempo passa dalla raccolta del cibo al suo ingresso nell’organismo tanto più la sua presenza diminuisce.

Vediamo in dettaglio quali sono gli alimenti che contengono più vitamina C:
Tra i frutti troviamo:
1. Ananas
2. Guaiave (frutto esotico)
3. Kiwi
4. Papaya
5. Arance e clementine (agrumi)
6. Fragole
7. Peperoncino rosso e verde
8. Cigliege
Le spezie più ricche sono:
9. Timo
10. Prezzemolo
Tra le verdure, gli ortaggi e i tuberi ricordiamo:
11. cavolo
12. Broccoli
13. Cavolfiori
14. Peperone
15. Patate (soprattutto se novelle)
16. Cavoli
17. Pomodori
18. Lattuga
19. Radicchio
20. Spinaci

Dunque in ultima istanza possiamo aggiungere che una buona dose giornaliera di frutta e verdura ci aiuta a stare in salute e a prevenire numerose malattie.

Perchè è importante la prevenzione ginecologica? Prenotate ora 0832.606087

Si dice spesso “prevenire è meglio che curare“: questo detto è sicuramente azzeccato quando si parla di prevenzione in ambito ginecologico. Sottoporsi a controllo periodici ponendo sempre al primo posto la cura di sé stesse è di grande importanza, in quanto permette di prevenire o diagnosticare per tempo eventuali anomalie.

Ortokinesis offre dei pacchetti proprio per incentivare la prevenzione. Un esempio?

 

Il pacchetto prevede una serie di prestazioni che sono fondamentali, a partire dal pap test, che è consigliabile eseguire una volta all’anno.
In cosa consiste? È un esame in cui, tramite l’utilizzo di due tamponcini e due tipi diversi di spatoline, si raccolgono le cellule del collo dell’utero e dell’endocervice. Tali cellule vengono poi analizzate e valutate. Questo esame non è consigliato per le pazienti al di sotto dei 20 anni di età.

Oltre a il pap-test il pacchetto prevenzione prevede anche una visita ginecologica, quindi una valutazione più generale che comprende un colloquio per valutare eventuali esigenze che può avere la paziente in quel momento, della durata di circa 30 minuti. Spesso per le ragazze più giovani è l’irregolarità del ciclo mestruale che le spinge ad effettuare la prima visita, tuttavia la visita ginecologica di per sé è un controllo che andrebbe fatto una volta all’anno.

La terza prestazione che fa parte del pacchetto è l’ecografia trans-vaginale, è fondamentale in ogni fase della vita della donna: dall’adolescente alla giovane donna che è in cerca di una gravidanza, ma sopratutto per le donne in menopausa. L’ecografia trans-vaginale in menopausa andrebbe fatta una volta all’anno, per una prevenzione di patologie future, non solo dell’utero in sé ma anche delle ovaie.

E’ possibile prenotare online uno screening di prevenzione ginecologica in convenzione 

Fuoco di Sant’Antonio. Cosa Sappiamo?

Fuoco di Sant’Antonio

Per Fuoco di Sant’Antonio si intende una malattia infettiva scientificamente nota come Herpes Zoster. Il virus scatenante è lo stesso della varicella, il Virus varicella-Zoster (VZV). A differenza della varicella che colpisce prevalentemente i bambini, esso riguarda soprattutto gli adulti, in particolare gli anziani. Un legame tra le due malattie comunque c’è: chi non ha mai avuto la varicella non può avere il fuoco di Sant’Antonio.

Fuoco di Sant’Antonio: sintomi

Si manifesta attraverso sfoghi cutanei che inizialmente sono semplici macchie rosse e successivamente si trasformano in bolle e vescicole. Ma prima di questo, si avverte bruciore, formicolio e prurito in una zona ben precisa del corpo. Dopo qualche giorno, in quella stessa zona si sviluppano delle pustole, simili a quelle della varicella. Non è detto che i sintomi del fuoco di Sant’Antonio si manifestino sempre. Può capitare infatti che la malattia si sviluppi in modo lieve, senza lesioni; in questo caso si parla di Zoster sine herpete.
Altri sintomi comuni del fuoco di sant’Antonio sono: l’anoressia, i brividi, il dolore addominale, il dolore al collo, il dolore allo sterno, il dolore dorsale, il dolore facciale, la febbre, il mal di testa.

 


A seconda dell’intensità della malattia, il dolore provato può essere molto forte, quasi insopportabile, o molto lieve. Le zone più colpite sono i fianchi o comunque delle zone laterali del tronco, oppure un lato del viso. In realtà il fuoco di Sant’Antonio può colpire qualsiasi area del corpo, con un numero di lesioni variabile.
Dopo 7-10 giorni dalla loro comparsa, le vescicole si rompono trasformandosi in croste. Queste durano a loro volta altri 10 giorni.Dalla loro prima comparsa, quindi, le lesioni guariscono in circa 4 settimane e non rimangono delle cicatrici al termine. Nei casi più gravi tuttavia, il dolore con le pustole può durare anche alcuni mesi.

Fuoco di Sant’Antonio: contagio

Questa malattia, così come la varicella, è una malattia contagiosa. Il contagio può avvenire anche tra una persona affetta e un’altra che non ha mai avuto la varicella (e che non è stata vaccinata). In questo caso, la persona contagiata si ammalerà di varicella e non di fuoco di Sant’Antonio. Affinché il contagio si sviluppi, è necessario che la persona venga a contatto diretto con le lesioni dell’ammalato; al contrario, se il contatto non c’è e rimane semplicemente nello stesso ambiente dell’altro, la persona sana non può ammalarsi di varicella, perché durante l’infezione il virus non colpisce i polmoni e quindi se non c’è contatto non può trasmettersi solamente per via aerea.
Se chi è affetto da fuoco di sant’Antonio può contagiare un’altra persona che si ammala di varicella, non è vero il contrario. Chi è affetto da varicella quindi non può trasmettere il fuoco di sant’Antonio, ma solamente la varicella, e in questo caso anche solamente per via aerea.

Fuoco di Sant’Antonio: fattori di rischio e cura

Tra i fattori di rischio che possono sostenere il suo sviluppo, rientrano sicuramente il sesso, l’etnia e l’età. Vengono colpite soprattutto le donne e in generale le persone con età superiore ai 60 anni. I bianchi si ammalano molto più frequentemente degli afro-americani. Inoltre sono più a rischio le persone che hanno sofferto di varicella nel loro primo anno di vita e che soffrono di qualche problema legato al sistema immunitario.
Il fuoco di sant’Antonio viene trattato con farmaci analgesici e antinfiammatori. Se questi farmaci vengono somministrati in tempo, è possibile diminuire l’intensità dei sintomi. E’ possibile anche vaccinarsi per prevenire la comparsa del fuoco di Sant’Antonio.

Fuoco di Sant’Antonio. Cosa Sappiamo?

Fuoco di Sant’Antonio

Per Fuoco di Sant’Antonio si intende una malattia infettiva scientificamente nota come Herpes Zoster. Il virus scatenante è lo stesso della varicella, il Virus varicella-Zoster (VZV). A differenza della varicella che colpisce prevalentemente i bambini, esso riguarda soprattutto gli adulti, in particolare gli anziani. Un legame tra le due malattie comunque c’è: chi non ha mai avuto la varicella non può avere il fuoco di Sant’Antonio.

Fuoco di Sant’Antonio: sintomi

Si manifesta attraverso sfoghi cutanei che inizialmente sono semplici macchie rosse e successivamente si trasformano in bolle e vescicole. Ma prima di questo, si avverte bruciore, formicolio e prurito in una zona ben precisa del corpo. Dopo qualche giorno, in quella stessa zona si sviluppano delle pustole, simili a quelle della varicella. Non è detto che i sintomi del fuoco di Sant’Antonio si manifestino sempre. Può capitare infatti che la malattia si sviluppi in modo lieve, senza lesioni; in questo caso si parla di Zoster sine herpete.
Altri sintomi comuni del fuoco di sant’Antonio sono: l’anoressia, i brividi, il dolore addominale, il dolore al collo, il dolore allo sterno, il dolore dorsale, il dolore facciale, la febbre, il mal di testa.

 


A seconda dell’intensità della malattia, il dolore provato può essere molto forte, quasi insopportabile, o molto lieve. Le zone più colpite sono i fianchi o comunque delle zone laterali del tronco, oppure un lato del viso. In realtà il fuoco di Sant’Antonio può colpire qualsiasi area del corpo, con un numero di lesioni variabile.
Dopo 7-10 giorni dalla loro comparsa, le vescicole si rompono trasformandosi in croste. Queste durano a loro volta altri 10 giorni.Dalla loro prima comparsa, quindi, le lesioni guariscono in circa 4 settimane e non rimangono delle cicatrici al termine. Nei casi più gravi tuttavia, il dolore con le pustole può durare anche alcuni mesi.

Fuoco di Sant’Antonio: contagio

Questa malattia, così come la varicella, è una malattia contagiosa. Il contagio può avvenire anche tra una persona affetta e un’altra che non ha mai avuto la varicella (e che non è stata vaccinata). In questo caso, la persona contagiata si ammalerà di varicella e non di fuoco di Sant’Antonio. Affinché il contagio si sviluppi, è necessario che la persona venga a contatto diretto con le lesioni dell’ammalato; al contrario, se il contatto non c’è e rimane semplicemente nello stesso ambiente dell’altro, la persona sana non può ammalarsi di varicella, perché durante l’infezione il virus non colpisce i polmoni e quindi se non c’è contatto non può trasmettersi solamente per via aerea.
Se chi è affetto da fuoco di sant’Antonio può contagiare un’altra persona che si ammala di varicella, non è vero il contrario. Chi è affetto da varicella quindi non può trasmettere il fuoco di sant’Antonio, ma solamente la varicella, e in questo caso anche solamente per via aerea.

Fuoco di Sant’Antonio: fattori di rischio e cura

Tra i fattori di rischio che possono sostenere il suo sviluppo, rientrano sicuramente il sesso, l’etnia e l’età. Vengono colpite soprattutto le donne e in generale le persone con età superiore ai 60 anni. I bianchi si ammalano molto più frequentemente degli afro-americani. Inoltre sono più a rischio le persone che hanno sofferto di varicella nel loro primo anno di vita e che soffrono di qualche problema legato al sistema immunitario.
Il fuoco di sant’Antonio viene trattato con farmaci analgesici e antinfiammatori. Se questi farmaci vengono somministrati in tempo, è possibile diminuire l’intensità dei sintomi. E’ possibile anche vaccinarsi per prevenire la comparsa del fuoco di Sant’Antonio.

Fuoco di Sant’Antonio. Cosa Sappiamo?

Fuoco di Sant’Antonio

Per Fuoco di Sant’Antonio si intende una malattia infettiva scientificamente nota come Herpes Zoster. Il virus scatenante è lo stesso della varicella, il Virus varicella-Zoster (VZV). A differenza della varicella che colpisce prevalentemente i bambini, esso riguarda soprattutto gli adulti, in particolare gli anziani. Un legame tra le due malattie comunque c’è: chi non ha mai avuto la varicella non può avere il fuoco di Sant’Antonio.

Fuoco di Sant’Antonio: sintomi

Si manifesta attraverso sfoghi cutanei che inizialmente sono semplici macchie rosse e successivamente si trasformano in bolle e vescicole. Ma prima di questo, si avverte bruciore, formicolio e prurito in una zona ben precisa del corpo. Dopo qualche giorno, in quella stessa zona si sviluppano delle pustole, simili a quelle della varicella. Non è detto che i sintomi del fuoco di Sant’Antonio si manifestino sempre. Può capitare infatti che la malattia si sviluppi in modo lieve, senza lesioni; in questo caso si parla di Zoster sine herpete.
Altri sintomi comuni del fuoco di sant’Antonio sono: l’anoressia, i brividi, il dolore addominale, il dolore al collo, il dolore allo sterno, il dolore dorsale, il dolore facciale, la febbre, il mal di testa.

 


A seconda dell’intensità della malattia, il dolore provato può essere molto forte, quasi insopportabile, o molto lieve. Le zone più colpite sono i fianchi o comunque delle zone laterali del tronco, oppure un lato del viso. In realtà il fuoco di Sant’Antonio può colpire qualsiasi area del corpo, con un numero di lesioni variabile.
Dopo 7-10 giorni dalla loro comparsa, le vescicole si rompono trasformandosi in croste. Queste durano a loro volta altri 10 giorni.Dalla loro prima comparsa, quindi, le lesioni guariscono in circa 4 settimane e non rimangono delle cicatrici al termine. Nei casi più gravi tuttavia, il dolore con le pustole può durare anche alcuni mesi.

Fuoco di Sant’Antonio: contagio

Questa malattia, così come la varicella, è una malattia contagiosa. Il contagio può avvenire anche tra una persona affetta e un’altra che non ha mai avuto la varicella (e che non è stata vaccinata). In questo caso, la persona contagiata si ammalerà di varicella e non di fuoco di Sant’Antonio. Affinché il contagio si sviluppi, è necessario che la persona venga a contatto diretto con le lesioni dell’ammalato; al contrario, se il contatto non c’è e rimane semplicemente nello stesso ambiente dell’altro, la persona sana non può ammalarsi di varicella, perché durante l’infezione il virus non colpisce i polmoni e quindi se non c’è contatto non può trasmettersi solamente per via aerea.
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Il fuoco di sant’Antonio viene trattato con farmaci analgesici e antinfiammatori. Se questi farmaci vengono somministrati in tempo, è possibile diminuire l’intensità dei sintomi. E’ possibile anche vaccinarsi per prevenire la comparsa del fuoco di Sant’Antonio.

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