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Quanto sappiamo sull’ANORESSIA?

L’anoressia è una malattia che, anche se colpisce principalmente le donne con un rapporto di 9 a 1 rispetto agli uomini, vede in aumento il numero di maschi colpiti soprattutto durante la fase adolescenziale o preadolescenziale . Dati più recenti suggeriscono che questo rapporto sia arrivato almeno a 4:1. Essa rappresenta la conseguenza dell’interazione di diversi fattori/condizioni: biologici, genetici, traumatici, socio-culturali, personali (come mancanza di autostima, perfezionismo, impotenza, sensazione di inutilità, percezione dell’ideale di magrezza etc.) o psichici (come ansia o depressione). La prevalenza media della malattia nelle donne tra i 12-22 anni, in Italia, si attesta intorno allo 0,9%.

 

L’anoressia è più di un semplice problema con il cibo: si tratta, infatti, di un rapporto patologico con il proprio corpo, la propria identità e la propria sessualità . Chi ne è affetto è ossessionato dall’idea di prendere peso e diventare grasso. Pertanto, oltre ad evitare cibi ingrassanti, ricorrerà ad un esercizio fisico esagerato, a purghe, diuretici, farmaci anoressizzanti e ad auto procurarsi il vomito.

A lungo termine, l’anoressia può portare ad alterazioni ormonali, problemi di fertilità, alterazioni cardiologiche, osteoporosi, anemia, squilibrio elettrolitico e depressione. Per evitare tali conseguenze occorre un intervento multidisciplinare integrato. L’assistenza deve mirare sia agli aspetti nutrizionali, ma anche a quelli psichiatrici, psicologici, fisici e socio-ambientali. Inoltre, gli interventi sanitari vanno attuati considerando l’età ed i bisogni individuali di chi ne è affetto .

Aiuto, ho un esaurimento nervoso! Tutti i falsi miti sulla salute mentale

Non esiste una malattia chiamata «esaurimento nervoso»: con questa espressione si caratterizzano tutta una serie di sintomi che sono riferibili ai disturbi dell’umore, come la depressione o la distimia, o ai disturbi d’ansia accomunati da uno stato di stanchezza e debolezza fisica e mentale. Tra i sintomi che possono verificarsi ci sono il senso eccessivo di fatica dopo uno sforzo mentale, le difficoltà di concentrazione, i dolori, la debolezza fisica, le difficoltà a rilassarsi, le vertigini, l’insonnia, le cefalee, l’umore irritabile. Si stima che, in Italia, l’11,2% della popolazione soffra di depressione (con una prevalenza maggiore nelle donne) . Qualsiasi sia la causa che abbia portato al cosiddetto «esaurimento nervoso» occorre affrontare il problema consultando il proprio medico che, dopo aver valutato l’insieme dei sintomi, predispone una corretta terapia sia da un punto di vista psicologico (psicoterapia) che farmacologico (somministrazione di ansiolitici e antidepressivi sotto stretto controllo medico).

 

 

Fiatone e fiato corto? Come riconoscere l’affanno sospetto

Nel gergo quotidiano si chiama “ fiatone”, nel linguaggio medico “ dispnea”, per tutti “affanno”:  qualsiasi termine vogliate utilizzare per chiamarlo,  è popolarissimo tra gli italiani che corrono dalla mattina alla sera fra lavoro, famiglia, impegni, sport  amici e …. avventure di ogni genere.

Quando ci manca il respiro o facciamo fatica a respirare, le cause possono essere molte e nella maggioranza dei casi del tutto trascurabili. Ma  in parecchi casi l’affanno  è  il campanello d’allarme di qualcosa di più serio che, se  affrontato per tempo, può evitarci guai maggiori ed a volte salvarci la vita.

Ma cos’è l’affanno
L’affanno è una mancanza d’aria all’apparato  respiratorio  che  provoca una difficoltà ad ossigenare l’organismo e rallenta  la nostra capacità di movimento.

Se l’affanno arriva dopo uno sforzo, per esempio dopo aver corso per non perdere un autobus che passa, o perché abbiamo fatto sport, o perchè abbiamo sollevato un peso considerevole, non c’è nulla di preoccupante;  è normale che ci manchi un po’ di fiato perchè lo abbiamo consumato nello sforzo appena fatto. Ma in pochi minuti avremo ristabilito la condizione di normalità.

Se invece l’affanno arriva senza alcuna correlazione ad uno sforzo, la questione si complica e dobbiamo distinguere due situazioni: se l’affanno  arriva all’improvviso o se  la difficoltà  di respirare ci accompagna stabilmente, diciamo cronicamente.

Quando l’affanno arriva all’improvviso

L’affanno che si presenta improvvisamente ciò che potrebbe indicare è un malfunzionamento di due organi: i polmoni o il cuore. Si tratta di due organi vitali e dunque vanno esaminati separatamente.

 

L’affanno che deriva dalle vie respiratorie

Le principali cause di un malfunzionamento dell’apparato respiratorio o specificamente dei polmoni sono 4:

  1. l’asma, cioè una malattia che riduce le vie respiratorie rendendo più difficoltosa l’aspirazione dell’aria da parte dei polmoni. In questi casi ci vuole un inalatore d’aria che forza la ventilazione.
  2. la polmonite, ovvero una malattia che provoca infezione ai polmoni   (o virale o climatica) e la si riconosce per la mancanza di respiro ma anche dalla tosse ed è resa evidente da una lastra ai polmoni;
  3. la broncopneumopatia ostruttiva, che è  una malattia che restringe le vie respiratorie rendendo difficoltoso l’arrivo dell’aria ai polmoni;
  4. l’ embolia polmonare, che è una rara situazione in cui avviene il blocco dei vasi sanguigni nei polmoni.

 

 

L’affanno che deriva da problemi al cuore

Ma c’è un “fiatone” anche più pericoloso, ed è quello che indica  i possibili seguenti problemi cardiaci:

  1. L’infarto: a volte anche senza i tipici dolori al torace o alla spalla sinistra, è proprio la mancanza improvvisa di respiro che preannuncia un possibile imminente attacco cardiaco che può anche arrivare all’ infarto;
  2. L’insufficienza cardiaca: indica una difficoltà del cuore a pompare sangue a sufficienza nel sistema circolatorio con al conseguenza che si accumula più acqua che ossigeno e la respirazione risulta compromessa;
  3. La fibrillazione atriale o tachicardia  che sono disturbi del battito cardiaco.

 

Gotta, la malattia che molti non sanno di avere

La gotta era una malattia comune nell’antichità: di gotta hanno sofferto i grandi della storia, da Giulio Cesare a Enrico VIII. Per lungo tempo è sembrata sconfitta, dimenticata. Ma negli ultimi anni sta registrando un progressivo e continuo aumento.

In Italia la stima è di circa un milione di persone che ne soffrono, ma il dato è probabilmente sottovalutato. Spesso, infatti, la gotta non viene riconosciuta. Secondo i numeri di Health Search, la banca dati della Società italiana di medicina generale (Simg), il numero di iperuricemici italiani è di circa di 5 milioni.

Le donne, bersaglio preferito
Anche se percepita come una patologia rara, la gotta è la più frequente malattia articolare dopo l’artrosi, con un’incidenza da non trascurare anche fra le donne.

Quali sono le categorie più colpite? La vittima più comune dell’attacco di gotta è l’uomo di mezza età, ma si registrano sempre di più casi fra le donne (oggi il rapporto donne/uomini è di 1 a 4, mentre solo pochi anni fa era di 1 a 7).

 

Ma vediamo nel dettaglio le categorie di persone più a rischio:

  • le donne dopo la menopausa, perché si perde l’effetto protettivo degli ormoni femminili nei confronti dell’iperuricemia ;
  • le giovani donne che abusano di diuretici per perdere peso;
  • chi utilizza l’acido acetilsalicilico a basso dosaggio che, contrastando l’eliminazione dell’acido urico con le urine, favorisce la comparsa di iperuricemia;
  • gli anziani che presentano danni articolari (per esempio dovuti all’artrosi), che a loro volta fanno sì che l’articolazione rappresenti un terreno più favorevole alla deposizione di acido urico;
  • gli obesi;
  • gli ipertesi;
  • coloro che hanno una cattiva funzionalità dei reni

Gli stiramenti Lo stiramento è uno dei problemi più diffusi e frequenti tra gli sportivi

In gergo medico si parla di “elongazioni muscolari”. Lo stiramento è uno dei problemi più diffusi e frequenti tra gli sportivi: si verificano quando le fibre muscolari vengono sottoposte a un eccessivo allungamento. Le cause più tipiche sono la mancanza di riscaldamento, una preparazione fisica non all´altezza, movimenti repentini e violenti, problemi alle articolazioni, squilibri posturali e muscolari, mancanza di coordinazione, condizioni ambientali non favorevoli (troppo freddo, troppa umidità, ecc.), microtraumi ripetuti, abbigliamento e scarpe inadeguate, scarso recupero dopo uno sforzo atletico precedente.
Lo stiramento si riconosce da un dolore acuto e improvviso, seguito da uno spasmo muscolare. Tuttavia in molti casi il dolore è sopportabile e normalmente non impedisce il proseguimento dell'attività.

Disfunzione erettile, onde d’urto ed il pene “risorge”

Contro la disfunzione erettile, ovvero quando l’erezione del pene  scarseggia, è altalenante, o non dura, non ci sono solo  Viagra, Cialis o Levitra, ma ora anche un’altra terapia che sottopone il pene a…. urto.

Non allarmatevi, stiamo  parlando di urti traumatici ,a di onde d’urto; onde d’urto a bassa intensità che avrebbero il potere di rigenerare quei vasi sanguigni che, dopo i 40 anni, vanno restringendosi riducendo la capacità del pene di mantenere a  sufficienza un’erezione che dia soddisfazione ad un rapporto sessuale. Ma di che si tratta?

Il meccanismo dell’erezione

 

Il segreto per combattere la disfunzione erettile sta nel conoscerne alla perfezione i meccanismi fisiologici che la determinano. Non solo: è fondamentale, prima ancora, sapere tutto su come funzioni il processo dell´erezione maschile.

È per questo che una scoperta come quella appena avvenuta da parte di una della scuole di medicina più autorevoli e famose del mondo, la statunitense Johns Hopkins University School of Medicine, si annuncia importantissima, se non altro dal punto di vista delle sue potenzialità nel campo del trattamento della disfunzione erettile.

Cosa hanno scoperto con precisione i ricercatori statunitensi?

Con il loro lavoro hanno svelato completamente la catena biochimica di eventi che aiuta a mantenere l´erezione. L´agente chimico del sistema nervoso che innesca l´erezione maschile, infatti, aiuta anche a farla durare.

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Sesso, lo sport migliora desiderio e prestazioni

Più ti muovi, più voglia hai di fare l’amore, meglio rendi sotto le lenzuola. L’equazione “attività fisica uguale sesso migliore” arriva dalla Società italiana di andrologia, che non smette di sensibilizzare la popolazione maschile verso una maggiore attenzione alla propria salute sessuale e alla fertilità. 

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Sesso, il controllo medico che l’uomo non vuol mai fare

Nella vita sessuale di un uomo , ma anche di una donna, c’è un controllo medico che spesso viene dimenticato, o per ignoranza, o per imbarazzo, o per dimenticanza. E’ l’analisi del sangue che svela quanto testosterone circola nel sangue;  La ragione? Se il testosterone è basso  o si sta abbassando, state certi che sono in arrivo alcuni guai che riguardano sia il desiderio  di sesso ma anche guai alla salute.

Ma cos’è il testosterone? Quanto ne dobbiamo avere nel sangue? Quali effetti provoca se ne abbiamo meno del necessario? Quali sono i sintomi che devono metterci in allarme? E che fare se scopriamo di averne poco? Le risposte sono tutte qui.Cos’è il testosterone

Cos’è il testosterone? E’ l’ormone sessuale maschile prodotto dai testicoli sotto la “regia” dell’ipofisi,

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L’ecografia morfologica: come e quando eseguirla

L’ecografia morfologica viene eseguita dalla ventesima alla ventitreesima settimana di gestazione ed è, assieme all’ecografia del primo trimestre, il controllo più importante e complesso di tutta la gravidanza. Questa ecografia viene dettamorfologica appunto perché è destinata a studiare la morfologia del feto per escludere, o accertare, la presenza di malformazioni.

La si esegue in questo periodo specifico per due ragioni:

  1. Il feto è nelle migliori condizioni per essere studiato, in quanto il rapporto fra le dimensioni del feto e la quantità di liquido amniotico è ottimale
  2. Dopo tale epoca la Legge non permette l’interruzione della gravidanza anche se il feto è affetto da gravi malformazioni.
  3. L’ecografia morfologica a fini puramente conoscitivi può essere eseguita anche più tardivamente ed è comunque utile. Qualora infatti si identificassero patologie malformative potrebbe risultare determinante fare nascere il bambino in strutture particolarmente attrezzate allo scopo. È ben noto infatti che le prime ore di vita e le prime cure sono spesso determinanti per il destino del bambino. Si segnala però che con l’avanzare della gestazione (dopo le 26 settimane) il feto si esplora con sempre maggiore difficoltà. In alcuni casi selezionati, può essere utile eseguire l’esame morfologico tra 16 e 18 settimane (pre-morfologica).

    Tale indagine non sostituisce l’ecografia morfologica, ma in casi ad alto rischio malformativo (ad esempio precedente nato con anomalia) fare una valutazione precoce dell’anatomia fetale può servire ad anticipare i tempi della diagnosi. Ciò consente alla coppia di approfondire il quadro diagnostico con eventuali esami genetici, i quali richiedono sempre dei tempi più o meno lunghi.

    Il riscontro di anomalie strutturali del feto all’ecografia morfologica ci può, inoltre, indirizzare all’esecuzione di esami genetici specifici, mirati a confermare o escludere la presenza di specifiche sindromi. Le malattie genetiche infatti spesso sfuggono ai normali test di screening delle aneuploidie e talvolta danno segno di se’ attraverso malformazioni più o meno gravi del feto. In questi casi è utile una consulenza genetica, che indirizzi la coppia ad effettuare indagini specifiche per arrivare alla diagnosi corretta (cariotipo fetalearray-CGHDNA fetale su sangue materno, esami genetici).

    L’ecografia morfologica prevede la valutazione delle dimensioni del feto (biometria fetale), dell’impianto e della struttura della placenta, della quantità di liquido amniotico, del collo dell’utero, ma fornisce soprattutto uno studio analitico di tutti i distretti anatomici esplorabili nel feto. L’ecografista osserva il feto con la maggiore attenzione possibile, visualizzando di norma i seguenti organi interni:

    • Cervello con misurazione dei ventricoli laterali, del cervelletto e della cisterna magna
    • torace con osservazione del parenchima polmonare e della posizione del cuore
    • cuore con studio delle 4 camere cardiache, dell’arco aortico, dell’emergenza dei grossi vasi (assi lunghi), della sezione 3 vasi, della frequenza e ritmicità del battito cardiaco fetale. Viene inoltre esaminato il flusso del sangue con il color doppler che consente di individuare con più facilità eventuali difetti interventricolari o di riempimento. Nel caso in cui si riscontrano anomalie o vi sono dei dubbi è opportuno ricorrere all’ecocardiografia fetale, che è lo studio ancora più approfondito del cuore fetale eseguito da un ecografista dotato di particolare esperienza nella cardiologia fetale.
    • diaframma, per accertarne l’integrità, anche se i piccoli difetti a volte possono essere manifesti solo in epoche tardive
    • addome con controllo della chiusura della parete e studio degli organi interni quali lo stomaco, la colecisti, il fegato e l’intestino, apparato genito-urinario, con visualizzazione dei reni, della vescica e dei genitali esterni
    • cordone ombelicale con la visualizzazione dei tre vasi che lo compongono e l’inserzione in addome ed in placenta
    • indicatori di rischio (markers) di cromosomopatie, che sono dei segni ecografici a carico di vari organi che possono indicare un aumento del rischio di anomalie dei cromosomi fetali. Il significato di tali marcatori è stato valutato in diversi studi ed è possibile fare una valutazione statistica del rischio ad essi associato.
    • nel corso dell’esame è nostra abitudine effettuare anche lo studio della morfologia dell’onda sanguigna nell’arteria uterina materna, indicatore precoce sia di disfunzione placentare con susseguente difetto di crescita intrauterina del feto, sia di forme precoci di gestosi.
    • Come facilmente si può comprendere tale esame dipende in misura quasi totale dall’esperienza e dalla capacità dell’operatore unitamente all’impiego di un ecografo di qualità elevatissima. Nonostante ciò non tutti i quadri patologici sono diagnosticabili in utero, e ciò dipende anche  dall’ecogenicità della paziente (nelle pazienti magre la visibilità è decisamente migliore rispetto alle pazienti robuste), dalla quantità di liquido amniotico e dalla posizione fetale.

      Si può comunque affermare che se l’esame viene eseguito a regola d’arte la maggior parte dei problemi malformativi può essere identificata. 
Nel nostro Centro vengono utilizzati ecografi della General Electric, di ultimissima generazione e dotati di 3D e 4D, che sono considerati i migliori in assoluto per l’impiego nel settore ostetrico-ginecologico.

     

     

Il passo più importante per arrivare ad una diagnosi è la visita clinica da parte del medico specialista.

 

 

Il passo più importante per arrivare ad una diagnosi è la visita clinica da parte del medico specialista. Spesso però questo passo dev'essere integrato da esami strumentali, necessari anche a specialisti di lunga esperienza.

Un metodo diagnostico di largo uso è la radiografia. Con gli apparecchi di concezione moderna l’esposizione del paziente a radiazioni dannose viene ridotto al minimo.

Un altro metodo frequentemente usato per rendere visibili tendini, muscoli o legamenti e di basso costo perché facilmente impiegabile è l’ecografia. Questo tipo d’indagine non espone il paziente a radiazioni e permette di ottenere referti affidabili, ma solo se eseguito da mani esperte.

Uno sviluppo della radiografia è costituito dalla TAC (Tomografia Assiale Computerizzata), con la quale si ottengono scansioni radiologiche del tratto esaminato che vengono ricomposte dal computer fino a formare immagini. Con questa metodologia si ottengono informazioni sulle parti ossee e sulle articolazioni.

Un’indagine molto utile e sempre più frequentemente utilizzata è la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN). Essa si avvale di un campo magnetico posto in vibrazione per mezzo di impulsi elettrici. La parte del corpo introdotta in questo campo magnetico ne altera le caratteristiche ed un elaboratore elettronico ne compone delle immagini. Si tratta di un metodo ideale per rappresentare legamenti, cartilagini, tendini e muscoli.

Solo un impiego corretto e ragionato delle varie tecniche permette di giungere ad una diagnosi in tempi brevi e senza esporre inutilmente il paziente a radiazioni nocive.

Nel nostro ambulatorio impieghiamo di routine l’ecografia e la radiografia. Non vi sono tempi di attesa e i risultati vengono comunicati immediatamente alla fine dell’esame stesso.

E’ importante che il terapista sia padrone della tecnica e perciò in grado di definire bene il problema e proporre un trattamento adeguato.

Prerogative per una buona terapia manuale sono formazione ed esperienza del terapista, il cui primo e principale compito è quello di visitare il paziente e stabilire quali sono i punti forti e quelli deboli del suo apparato locomotore.

Sulla base dei dati ottenuti vengono svolti dal paziente alcuni test (cosiddetta “demo del dolore”) ed infine creato un piano di trattamento. Questo consiste nell’applicazione di manipolazioni e manovre idonee a ridurre il dolore e migliorare la funzione. Un ciclo di terapia manuale richiede a seconda del problema in genere da 5 a 10 sedute con frequenza di 1-2 sedute per settimana. Esistono varie scuole di terapia manuale (Maitland, Kaltenborn, Cyriax, Bienfait e altre) che di poco si differenziano tra di loro. E’ importante che il terapista sia padrone della tecnica e perciò in grado di definire bene il problema e proporre un trattamento adeguato.

Nel nostro ambulatorio i terapisti sono in possesso di un diploma di terapia manuale e vantano una lunga esperienza nel campo.

La maggior parte dei tumori è di origine "sporadica" ovvero si manifesta senza nessun tipo di legame con la trasmissione ereditaria dei geni

La maggior parte dei tumori è di origine "sporadica" ovvero si manifesta senza nessun tipo di legame con la trasmissione ereditaria dei geni, ma in alcuni casi (non più del 10% di tutti i tumori) si può parlare anche di cancro "ereditario", legato, cioè, alla trasmissione da parte dei genitori di un gene mutato.

Sono stati messi a punto alcuni test genetici, metodiche complesse in grado di stimare il rischio di contrarre un tumore sulla base del corredo genetico. Uno dei tumori per i quali esiste la possibilità di sottoporsi a un test è quello del seno, il tumore più frequente nelle donne. È stato infatti dimostrato che chi ha una madre o una sorella con questa patologia, soprattutto se contratta in giovane età, corre un rischio maggiore di svilupparla nel corso della vita rispetto a chi non ha mai avuto casi di tumore del seno in famiglia. I geni BRCA1 e BRCA2 predispongono a questo tipo di cancro (e anche a quello dell'ovaio): ciò significa che, analizzandoli attentamente, nel caso di tumore si troveranno probabilmente mutazioni non presenti nelle cellule sane. E questa mutazione, se il tumore è ereditario, sarà la stessa nei vari membri della famiglia. Una volta stabilita la necessità di sottoporsi al test, mediante un colloquio con un genetista medico e un oncologo, si procede con un banale prelievo di sangue dal quale verrà estratto il DNA da controllare. Il risultato potrà essere positivo o negativo, cioè si potrà sapere se la mutazione è stata effettivamente ereditata oppure no.

È importante sottolineare che avere ereditato la mutazione non significa essere certi di contrarre prima o poi la malattia, piuttosto equivale ad avere un rischio più elevato rispetto a chi non ha la mutazione. Il test genetico non è dunque uno strumento di prevenzione nel senso classico del termine, ma si limita a fornire informazioni sul rischio di ammalarsi di tumore nel corso della vita e deve essere svolto solo in caso di reale necessità, dopo una consulenza con il genetista medico.

In base al risultato del test, il genetista medico e l'oncologo sapranno creare un piano di prevenzione individuale basato su controlli più frequenti e attenti che permetteranno di gestire al meglio il rischio e di individuare un eventuale tumore nelle sue fasi più precoci. Al momento attuale, tranne che per il seno e l'ovaio, non esistono test genetici disponibili per gli altri tumori femminili.

 

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Ogni fase della vita della donna è caratterizzata da un preciso quadro ormonale e quindi anche il rischio di tumore cambia con l'età.

 

Gli ormoni, e in particolare gli estrogeni, hanno un ruolo fondamentale nel regolare i processi legati alla fertilità e possono influenzare il rischio di sviluppare alcuni tipi di cancro. Tutto comincia con il primo ciclo mestruale che determina profondi cambiamenti mensili nel corso del periodo fertile e fino all'avvento della menopausa, che instaura nuovi equilibri ormonali.

Tra i 20 e i 40 anni, per esempio, l'utilizzo della pillola contraccettiva e le eventuali gravidanze sono gli eventi più importanti dal punto di vista ormonale. In particolare gli ormoni assunti con la pillola potrebbero diminuire il rischio di tumore ovarico (di cui sono, di fatto, l'unico mezzo preventivo) a costo di un lievissimo aumento del rischio di tumore al seno (più con le vecchie pillole ad alto dosaggio che con quelle attuali, a basso dosaggio), mentre le gravidanze, che generano un blocco della produzione di estrogeni, hanno un effetto protettivo sul tumore del seno e dell'ovaio.Anche gli ormoni assunti per le cure contro l'infertilità influenzano il rischio di sviluppare tumori dell'ovaio, ma i dati non sono ancora completi e definitivi.

La fascia di età compresa tra i 50 e i 60 anni è in genere caratterizzata da un vero e proprio terremoto dal punto vista ormonale: la menopausa. Le ovaie smettono di produrre ormoni e quindi l'organismo è meno esposto all'azione degli estrogeni, in genere responsabili di un aumento del rischio di cancro. In questo senso la terapia ormonale sostitutiva a base di estrogeni, utilizzata per contrastare gli effetti negativi della menopausa (per esempio vampate di calore e osteoporosi) sembra essere un fattore di rischio per alcuni tumori come quello dell'endometrio e del seno, anche se l'utilizzo per non più di cinque anni sembra ancora accettabile. Dovendo scegliere è quindi consigliabile assumere una terapia sostitutiva che contenga anche un progestinico, anche se in genere è di utilizzo più complesso.

Per la prevenzione del cancro gli esami di controllo periodici sono importanti, ma anche un corretto stile di vita contribuisce a ridurre drasticamente il rischio di ammalarsi.

 

Per la prevenzione del cancro gli esami di controllo periodici sono importanti, ma anche un corretto stile di vita contribuisce a ridurre drasticamente il rischio di ammalarsi. In particolare si calcola che adottare sane abitudini possa evitare la comparsa di un cancro su tre.

Per raggiungere questo importante traguardo di prevenzione le regole da adottare sono molto semplici e riguardano in modo particolare:

  • alimentazione,
  • esercizio fisico,
  • abitudini voluttuarie, cioè quelle abitudini che danno piacere ma sono pericolose per la salute come il fumo o il consumo eccessivo di alcol.

Non occorrono grandi sforzi: basta porre un po' di attenzione a ciò che si mangia e cercare di non condurre una vita troppo sedentaria. Mantenere il peso forma non è solo un'esigenza estetica, ma anche e soprattutto una scelta di salute contro l'insorgenza di molti tumori.

Per esempio, un buon metodo per ridurre il rischio di tumore consiste nel seguire la tradizionale dieta mediterranea. E non bisogna dimenticare che un'alimentazione corretta è anche la base della prevenzione per le malattie cardiovascolari e di una vecchiaia in piena forma. Oltre alla qualità del cibo conta anche la quantità: è importante non eccedere con le calorie introdotte che devono essere calcolate in base all'età, al peso, al tipo di attività svolta e a diversi altri parametri personali.

Non bisogna essere atleti per prevenire il cancro: il consiglio migliore è quello di svolgere un'attività fisica moderata per almeno 30 minuti al giorno e per almeno cinque giorni alla settimana. Questo tipo di attività può includere, per esempio, una passeggiata nel parco o la scelta di salire le scale a piedi piuttosto che usare l'ascensore o muoversi in bici e non in macchina.

Bisogna inoltre porre attenzione ad alcuni comportamenti apparentemente innocui, ma in realtà pericolosi come l'eccessiva esposizione al sole che può causare tumori maligni della pelle. Ciò non significa rinunciare al sole, ma esporsi con moderazione e con le adeguate protezioni.

Nel caso di fumo e alcol i dati parlano chiaro: chi fuma aumenta il proprio rischio di tumore del polmone, della bocca e della vescica, oltre a influenzare tutte le patologie oncologiche; mentre il consumo eccessivo di alcol risulta cancerogeno per bocca, esofago e stomaco.

Queste semplici regole generali sono valide, con qualche opportuna modifica, a tutte le età.

L’autopalpazione è un esame che ogni donna può effettuare comodamente a casa propria.

 

L'autopalpazione è un esame che ogni donna può effettuare comodamente a casa propria: permette di conoscere profondamente l'aspetto e la struttura normale del seno e quindi di poter cogliere precocemente qualsiasi cambiamento. L'esame si svolge in due fasi:

  • l'osservazione permette di individuare mutazioni nella forma del seno o del capezzolo,
  • la palpazione può far scoprire la presenza di piccoli noduli che prima non c'erano.

Quando si parla di autopalpazione si pensa solo a un esame per la ricerca di noduli nella ghiandola mammaria, ma in realtà grazie a questo esame possono emergere altri segnali che devono spingere a consultare un medico, come retrazioni o cambiamenti della pelle, perdite di liquido dai capezzoli e cambiamenti di forma della mammella.

A partire dai 20 anni l'esame può essere effettuato una volta al mese tra il settimo e il quattordicesimo giorno del ciclo. Rispettare questi tempi è importante perché la struttura del seno si modifica in base ai cambiamenti ormonali mensili, e si potrebbero di conseguenza creare, in alcuni casi, confusioni o falsi allarmi.

È bene ricordare che, oltre agli ormoni, anche l'età, il peso corporeo, la familiarità e l'uso di contraccettivi orali influenzano la struttura del seno che, a volte, specialmente nelle donne giovani, si presenta particolarmente densa e difficile da valutare correttamente con l'autoesame.

Tra i 40 e i 50 anni l'incidenza (cioè i numero di nuovi casi) del tumore del seno aumenta in modo rapido e costante e quindi le donne in questa fascia di età non possono rinunciare all'autopalpazione come strumento di prevenzione. Con il sopraggiungere della menopausa, l'esame può essere eseguito indifferentemente in qualunque periodo del mese e deve essere effettuato con regolarità anche e soprattutto dalle over 60 poiché il picco di incidenza (numero di nuovi casi) del tumore del seno si colloca proprio tra i 65 e i 70 anni.

L'autopalpazione rappresenta un primo strumento di prevenzione del tumore del seno, ma da sola non può bastare e deve essere abbinata, a partire dai 45-50 anni, o anche prima in caso di familiarità o alterazioni, a visite senologiche ed esami strumentali più precisi come ecografia o mammografia.

 

Le donne dispongono di strumenti molto efficaci per la diagnosi precoce del tumore del seno

Le donne dispongono di strumenti molto efficaci per la diagnosi precoce del tumore del seno, primo tra tutti la mammografia, affiancata da altri quali ecografia o risonanza magnetica. La prevenzione è fondamentale perché individuare un tumore ancora molto piccolo aumenta notevolmente la possibilità di curarlo in modo definitivo, ma è importante scegliere lo strumento più adatto.

Tra i 20 e i 40 anni generalmente non sono previsti esami particolari, se non una visita annuale del seno dal ginecologo o da un medico esperto. Solo in situazioni particolari, per esempio in caso di familiarità o di scoperta di noduli, è possibile approfondire l'analisi con una ecografia o una biopsia (agoaspirato) del nodulo sospetto. La mammografia non è raccomandata perché la struttura troppo densa del tessuto mammario in questa fascia di età renderebbe poco chiari i risultati.

Tra i 40 e i 50 anni le donne con presenza di casi di tumore del seno in famiglia dovrebbero cominciare a sottoporsi a mammografia, meglio se associata a ecografia vista la struttura ancora densa del seno.

Tra i 50 e i 69 anni il rischio di sviluppare un tumore del seno è piuttosto alto e di conseguenza le donne in questa fascia di età devono sottoporsi a controllo mammografico con cadenza biennale.

Nelle donne positive al test genetico per BRCA1 o 2 è indicata un'ecografia semestrale e una risonanza annuale, anche in giovane età.

Anche se la mammografia rimane uno strumento molto efficace per la diagnosi precoce del tumore del seno, oggi sono disponibili anche altre tecniche diagnostiche come la risonanza magnetica (ancora limitata a casi selezionati), la PEM (una tomografia a emissione di positroni - PET - specifica per le mammelle) e un nuovo esame già definito il Pap-test del seno che consiste nell'introduzione di liquido nei dotti galattofori (i canali attraverso i quali passa il latte) e nella successiva raccolta di questo liquido che porta con sé anche alcune cellule. Grazie al microscopio è poi possibile individuare quali tra le cellule fuoriuscite ha caratteristiche pretumorali permettendo una diagnosi molto precoce del tumore del seno.

 

Visita senologica. Prenotala Adesso!

La visita senologica consiste nell'esame clinico completo del seno da parte di un medico specializzato. È una metodica semplice e indolore, effettuata nello studio del medico senza l'ausilio di particolari strumenti. Questo tipo di valutazione da sola in genere non è sufficiente a formulare una diagnosi precisa, ma può sicuramente essere utile per chiarire situazioni un po' sospette.

Il senologo, prima di cominciare l'esame vero e proprio delle mammelle, si occupa dell'anamnesi, ovvero della raccolta di informazioni che potranno essere utili per formulare la diagnosi finale: eventuale presenza di casi di tumore del seno in famiglia, età di comparsa del primo ciclo mestruale e della menopausa, gravidanze, alimentazione, terapie ormonali (contraccettivi orali, terapie ormonali sostitutive in menopausa, eccetera). Solo dopo aver terminato questa fase il senologo può procedere con l'esame clinico propriamente detto che parte con l'osservazione e termina con la palpazione: il medico compie tutti quei gesti che ogni donna dovrebbe compiere mensilmente nel corso dell'autopalpazione.

La visita periodica dal senologo non è necessaria per le donne più giovani, ma è sufficiente effettuare con regolarità l'autopalpazione del seno (una volta al mese tra il settimo e il quattordicesimo giorno del ciclo) e rivolgersi al proprio medico di base e al ginecologo per i controlli. In caso di dubbio è proprio il medico generico o il ginecologo a consigliare una visita senologica specialistica durante la quale, grazie anche ad altri esami quali l'ecografia, è possibile distinguere tra patologie maligne e benigne del seno e se necessario, impostare la terapia più corretta. La visita annuale è fortemente consigliata dopo i 40 anni, mentre dopo i 50 è necessaria anche la mammografia.

Visita senologica

La visita senologica consiste nell'esame clinico completo del seno da parte di un medico specializzato. È una metodica semplice e indolore, effettuata nello studio del medico senza l'ausilio di particolari strumenti. Questo tipo di valutazione da sola in genere non è sufficiente a formulare una diagnosi precisa, ma può sicuramente essere utile per chiarire situazioni un po' sospette.

Il senologo, prima di cominciare l'esame vero e proprio delle mammelle, si occupa dell'anamnesi, ovvero della raccolta di informazioni che potranno essere utili per formulare la diagnosi finale: eventuale presenza di casi di tumore del seno in famiglia, età di comparsa del primo ciclo mestruale e della menopausa, gravidanze, alimentazione, terapie ormonali (contraccettivi orali, terapie ormonali sostitutive in menopausa, eccetera). Solo dopo aver terminato questa fase il senologo può procedere con l'esame clinico propriamente detto che parte con l'osservazione e termina con la palpazione: il medico compie tutti quei gesti che ogni donna dovrebbe compiere mensilmente nel corso dell'autopalpazione.

La visita periodica dal senologo non è necessaria per le donne più giovani, ma è sufficiente effettuare con regolarità l'autopalpazione del seno (una volta al mese tra il settimo e il quattordicesimo giorno del ciclo) e rivolgersi al proprio medico di base e al ginecologo per i controlli. In caso di dubbio è proprio il medico generico o il ginecologo a consigliare una visita senologica specialistica durante la quale, grazie anche ad altri esami quali l'ecografia, è possibile distinguere tra patologie maligne e benigne del seno e se necessario, impostare la terapia più corretta. La visita annuale è fortemente consigliata dopo i 40 anni, mentre dopo i 50 è necessaria anche la mammografia.

Il tumore del seno colpisce un donna su otto.

Il tumore del seno colpisce un donna su otto. In molti casi, però, si può prevenire o comunque diagnosticare in fasi molto precoci. Di seguito tutte le informazioni relative alla prevenzione e gli appuntamenti indispensabili con i test raccomandati.

speciale-senoOgni anno in Italia vengono diagnosticati 48.000 nuovi casi: il tumore del seno è il più frequente nel sesso femminile. Grazie, però, ai continui progressi della medicina e agli screening per la diagnosi precoce, nonostante il continuo aumento dell'incidenza, di tumore del seno oggi si muore meno che in passato.

Sono stati identificati molti fattori di rischio, alcuni modificabili, come gli stili di vita, altri invece no, come l'età (la maggior parte di tumori del seno colpisce donne oltre i 40 anni) e fattori genetico-costituzionali. Tra gli stili di vita dannosi si possono citare, per esempio, un'alimentazione povera di frutta e verdura e ricca di grassi animali, il vizio del fumo e una vita particolarmente sedentaria.

Ci sono inoltre alcuni fattori legati alla vita riproduttiva che possono influenzare il rischio di tumore del seno: un periodo fertile breve (prima mestruazione tardiva e menopausa precoce) e una gravidanza in giovanissima età sono protettive, così come l'allattamento per oltre un anno.

Il 5-7 per cento circa dei tumori del seno è ereditario, legato cioè alla presenza nel DNA di alcune mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2.

La prevenzione del tumore del seno deve cominciare a partire dai 20 anni con l'autopalpazione eseguita con regolarità ogni mese. E' indispensabile, poi, proseguire con controlli annuali del seno eseguiti dal ginecologo o da uno specialista senologo affiancati alla mammografia biennale dopo i 50 anni o all'ecografia, ma solo in caso di necessità, in donne giovani.

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