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Psoriasi: sintomi e rimedi di questa malattia della pelle

La psoriasi è una malattia della pelle, ovvero una dermatite che si sviluppa sotto forma di lesioni ed arrossamenti piuttosto persistenti in diverse parti del corpo. La pelle risulta molto più spessa del normale, arrossata e squamosa; l’istinto principale nella persona colpita da psoriasi è quello di grattarsi, in quanto la dermatite causa molto prurito. Può presentarsi a qualsiasi età, sotto diverse forme.

Non tutti i punti del corpo sono colpiti allo stesso modo dalla psoriasi; pur potendosi presentare in qualsiasi zona, quelle maggiormente a rischio sono:

  • I gomiti;
  • Le ginocchia;
  • Il viso;
  • Le mani e i piedi;
  • Il cuoio capelluto;
  • La parte lombare della schiena.

sintomi della psoriasi variano da persona a persona. Sono molto soggettivi: in alcune persone la malattia si manifesta semplicemente attraverso un’irritazione, in altre può presentarsi con molta insistenza, tanto da condizionare al 100% le proprie abitudini quotidiane. Gli effetti sono molto simili a quelli di altre malattie della pelle, quindi non sempre è così semplice diagnosticare la psoriasi distinguendola dalle altre dermatiti.

Nella maggior parte dei casi la psoriasi si manifesta attraverso delle placche che si formano sulla pelle. Questa, arrossata, si ricopre di squame grigiastre che provocano bruciore e prurito.

Quando le lesioni sono particolarmente profonde, la cute può rompersi portando all’apertura di vere e proprie ferite; in questo caso la dermatite diventa un problema in grado di influenzare la vita di tutti i giorni. Tuttavia, le lesioni non causano cicatrici permanenti.

La psoriasi quindi può essere definita una malattia cronica ed infiammatoria molto fastidiosa non solo a livello fisico, ma anche a livello psicologico. Chi è colpito da questa dermatite spesso tende a isolarsi o, perlomeno, a coprirsi il più possibile, compromettendo i rapporti con le persone intorno.

Le cause della psoriasi possono essere diverse. Sicuramente esiste una tipologia di psoriasi legata alla genetica; quindi una persona che presenta familiarità con questo tipo di malattia sarà più facilmente soggetta, in particolari periodi della vita, alla psoriasi. Stiamo parlando tuttavia della tipologia più difficile da trattare, che spesso si presenta in età adolescenziale.

In altri casi la psoriasi può essere legata a fattori esterni o, ancora, a una particolare situazione personale di colui che ne è affetto. Oltre allo stress, possono influire anche i problemi intestinali, l’abuso di alcool, alcune infezioni o la reazione a particolari farmaci assunti. Anche cambiamenti ormonali, ustioni solari e traumi di diversa origine possono scatenare la psoriasi; in tutti questi casi i primi sintomi si possono presentare anche in età adulta.

Bisogna sottolineare il fatto che per ora non esiste una cura definitiva contro la psoriasi; si possono tuttavia utilizzare delle creme, assumere dei farmaci e seguire la fototerapia per alleviare i sintomi.

D’altro canto bisogna anche specificare che questa malattia non è infettiva, quindi il contatto con una persona che ne è affetta non pregiudica la salute dell’altra persona; questa dermatite non dev’essere quindi vista come un problema per il quale tenere le distanze dalla persona colpita.

Ad ogni modo, i rimedi possono essere messi in atto solamente se si individua con certezza la causa alla base della malattia. Se il periodo è particolarmente stressante, ad esempio, bisogna imparare a riorganizzare la propria situazione psicologica; se la causa è invece legata a disfunzioni intestinali, bisogna porre più attenzione alla propria alimentazione, dando la precedenza a frutta, verdura e cereali.

Ci si può dedicare inoltre a qualche ora di relax attraverso specifici trattamenti termali, il cui obiettivo è quello di lenire e ammorbidire le lesioni della pelle, oltre a donare sollievo psicologico.

Puntura di Medusa? Cosa Fare!

La cattiva notizia è che, anche quest’estate, le meduse sono presenti in abbondanza nei nostri mari. Quella buona che, se non si è riusciti a evitarle, è possibile neutralizzare il loro potere urticante. A patto di seguire i consigli giusti e di non incappare in comuni errori. 

 

Cinque cose da fare

1. Se stai nuotando al largo e vieni sfiorato da una medusa, niente movimenti scomposti; devi respirare bene e cercare di raggiungere con calma la riva. Chiedi aiuto a qualcuno, se è necessario. Se invece sei già a riva, esci subito dall’acqua. Evita di gridare e (per quanto possibile) di agitarti.

 

 

 

 

2. Ciò che ti serve ce l’hai a portata di mano: lava la parte colpita con acqua di mare, in modo da diluire la tossina non ancora penetrata. Evita l’acqua dolce perché potrebbe favorire la rottura delle nematocisti (strutture urticanti che le meduse usano per difendersi) rimaste sulla pelle.

3. Con pazienza, cerca di pulire la pelle dai filamenti residui. Per rimuoverli, usa una tessera di plastica rigida, come bancomat o carta di credito, oppure un coltello usato di piatto (non dalla parte della lama).

4. Applica un gel astringente al cloruro d’alluminio, meglio se a una concentrazione del 5%. Serve a lenire il prurito e a bloccare la diffusione delle tossine. Lo trovi in farmacia.

5. Vai al pronto soccorso o chiama il 118 se ti accorgi che subentrano delle complicazioni, come reazione cutanea diffusa, difficoltà respiratorie, sudorazione, pallore, mal di testa, nausea, vomito, vertigini, confusione. In alcune persone particolarmente sensibili, la puntura di una medusa, ma anche di un’ape o di una vespa, può innescare una reazione allergica estrema al veleno, lo choc anafilattico.In questi casi la tempestività di intervento è fondamentale».

 

Cinque cose da non fare

1. Non strofinare la zona colpita con sabbia o con una pietra tiepida. In effetti le tossine sono termolabili, vengono cioè inattivate dal calore, ma perché ciò avvenga bisognerebbe raggiungere una temperatura di circa 50 gradi, meglio, quindi, non rischiare un’ustione.

2. Lascia perdere i rimedi della nonna, come ammoniaca, urina, aceto, alcol. Questi metodi non solo sono inutili, ma possono risultare anche dannosi. Ammoniaca e urina potrebbero ulteriormente infiammare la parte colpita».

3. Non grattarti, anche se è la prima reazione istintiva; se lo fai rompi le eventuali nematocisti residue, liberando ulteriore veleno.

4. Se la reazione è localizzata, fai a meno delle creme al cortisone o contenenti antistaminico: sono inutili perché entrano in azione solo dopo circa 30 minuti dall’applicazione e cioè quando la reazione è già naturalmente esaurita. Questi principi attivi possono invece andare bene per via orale, nel caso di lesioni diffuse o di disturbi generali, anche lievi.

5. Niente sole per qualche giorno sulla parte colpita. Nella fase di guarigione l’arrossamento lascia il posto a un’iperpigmentazione, che i raggi ultravioletti potrebbero rendere duratura. Per evitare antiestetiche macchie scure, usa una crema a filtro totale (50+).

Conosci il rischio dell’omocisteina alta? Contattaci 0832 760130

Tutti conoscono il rischio che l’eccesso di colesterolo e trigliceridi può dare alla salute di cuore e arterie, ma chi conosce il rischio che può apportare all’organismo l’omocisteina?

Questo aminoacido, che può essere misurato tramite un semplice esame del sangue, risulta sia indicatore che causa di molte malattie cardiocircolatorie, del Morbo di Alzheimer, del diabete, fino a certe forme di impotenza.

 

L’ omocisteina è prodotta dal nostro corpo a partire dalla metionina, un altro aminoacido assunto con gli alimenti; l’omocisteina viene poi eliminata dalle vitamine del gruppo B, in particolare le vitamine B6, B9 e B12.

Per mantenere sotto controllo il livello di omocisteina è quindi fondamentale assumere le giuste quantità di vitamina B, ecco gli alimenti in cui sono più presenti:

B6 – Banane, prugne secche, avocado, pesce, pollame, carni magre, fagioli secchi, cereali integrali

B9 – Fagioli, lenticchie, verdura a foglia verde (broccoli, piselli, spinaci, lattuga), arance, cereali, noccioline

B12 – Latte e prodotti caseari, frutti di mare, carne

L’ omocisteina è alta nelle persone sovrappeso e nella maggioranza dei casi “dimagrire è sufficiente a rimettere a posto anche il livello di omocisteina”.

Quello che non sai sugli esami del sangue. Contattaci 0832 760130

Gli esami del sangue permettono di raccogliere una enorme quantità di dati sullo stato di salute di una persona e su come il suo corpo stia lavorando.

Infatti nel sangue troviamo moltissime componenti, alcune stabili, altre temporanee poiché legate agli eventi metabolici dell’individuo.

Si parla di “esami” del sangue perché ne esistono numerose tipologie, ognuna col suo scopo preciso: solitamente contare la concentrazione nel sangue di una o più componenti.

 

A seconda degli esami possono capitare provette con diversi colori, lunghezze e sostanze già presenti all’interno; alcuni controlli possono essere effettuati dalla stessa provetta, altri ne richiedono una esclusiva.

Quando vengono forniti i risultati degli esami è importante non improvvisarsi medici: la fuoriuscita di un valore dai range canonici da sola significa poco.

Infatti qualsiasi analisi deve essere letta tenendo conto:

  • Della storia clinica del paziente
  • Delle sue eventuali patologie croniche
  • Di comportamenti e abitudini
  • Di tutti gli altri valori delle analisi
  • E tante altre variabili

Solo un medico ha abbastanza esperienza per accorgersi delle reali anomalie e di cosa invece può essere ignorato in quanto normale fluttuazione; perciò fai sempre controllare i tuoi esami ad un medico e non affidarti troppo ad internet.

Ecografia transvaginale. Prenotala ora 0832.606087

L’ecografia transvaginale (o TVS) viene effettuata per indagare la morfologia e lo stato di salute degli organi genitali interni femminili. Solitamente viene richiesta in casi di sanguinamenti animali, infertilità o quando la donna soffre di dolori pelvici di origine ignota. Viene utilizzata anche se ci sono sospetti di tumori o infezioni.

 

L’ecografia transvaginale non richiede alcuna preparazione della paziente, si può effettuare in qualsiasi periodo del ciclo, a vescica vuota. La paziente viene fatta sdraiare su un lettino, andando poi a inserire una sonda  (coperta da una sorta di preservativo e cosparsa di lubrificante sterile) nella vagina. Le onde sonore prodotte dalla sonda (non udibili dall’orecchio umano) vengono in parte riflesse dai tessuti che incontrano, in base alla loro densità.  Le onde sonore riflesse vengono poi rilevate dalla sonda che le ha generate, passando ad un calcolatore informatico che, dopo averle elaborate, è in grado di generare immagini delle parte anatomiche analizzate in tempo reale.

Si può ricorrere alla TVS anche al termine del primo mese di gravidanza, poiché questo tipo di ecografia permette di produrre delle immagini dell’embrione di qualità nettamente superiore rispetto a quelle che si otterrebbero con una semplice ecografia transaddominale.

MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI: QUANTO NE SAI?

Sicuramente hai sentito parlare più volte di malattie sessualmente trasmissibili: si tratta di tutte quelle malattie infettive che si trasmettono con le attività sessuali (attraverso rapporti sessuali vaginali e anali non protetti, ma anche orali). 

Relativamente a questi disturbi i dati sono allarmanti: i casi di malattie a trasmissione sessuale infatti negli ultimi anni sono in aumento, soprattutto per quanto riguarda sifilide e clamidia. Per prevenire il contagio è quindi fondamentale la prevenzione, che passa sia dall'uso del preservativo sia dall'informazione: è quindi molto importante conoscere quali sono queste malattie e i loro sintomi per riuscire a individuarle precocemente (fonte salute.gov.it), ricordandosi sempre di chiedere consiglio al proprio medico curante.

 

Candida vaginale

La candida è un'infezione causata da un fungo che normalmente è presente nel nostro organismo, ma che in determinate condizioni può dare luogo a disturbi. Si riconosce facilmente dalle perdite vaginali bianche, che si presentano accompagnate da bruciore e prurito, e si cura con una terapia antimicotica.

Epatite C

L'epatite C, causata anch'essa da un virus, è una malattia che colpisce il fegato: il suo esordio è spesso senza sintomi, ma se non si interviene la patologia può provocare la cirrosi epatica.

Clamidia

La clamidia è un'infezione causata da un batterio che, se non curata con un'adeguata terapia antibiotica, può causare infertilità. Può essere difficile da individuare perché può essere asintomatica per un periodo di tempo molto lungo.

Herpes

L'herpes è causato da due ceppi virali, ovvero l'Herpes simplex tipo 1 (HSV-1) e l'Herpes simplex tipo 2 (l'HSV-2). Causa vescicole molto dolorose sulla pelle e sulle mucose.

 

Hiv e Aids

L'Aids, una malattia che attacca e debilita il sistema immunitario, è causata dal virus Hiv: per evitare che si sviluppi fin da quando viene rilevata la sieropositività attraverso un test apposito  in occasione della Giornata Mondiale contro l'Aids) è necessario assumere farmaci antiretrovirali, in grado di tenere l'infezione da Hiv sotto controllo.

Papillomavirus

Il papillomavirus (HPV) è una delle cause del cancro al collo dell'utero: il virus può rimanere latente per anni nell'organismo, senza dare particolari sintomi (che, quando compaiono, segnalano che la malattia è in stadio avanzato). Può essere individuato attraverso il pap-test, e ci si può proteggere dall'infezione con un vaccino ad hoc, anche se per evitare il contagio è sempre consigliato l'uso del preservativo.

Trichomonas vaginalis

Il trichomonas è un protozoo, che causa una malattia molto contagiosa: colpisce soprattutto le donne e si può riconoscere dalle perdite vaginali, che sono schiumose, giallastre e maleodoranti.

Sifilide

La sifilide, causata da un batterio (Treponema pallidum),è una malattia molto seria: si sviluppa in diversi tempi e per questo bisogna intervenire prontamente. Infatti, se non curata, può portare a gravi complicanze (cardiopatie, demenza, cecità, paralisi e anche morte).

Sangue occulto nelle feci: Dopo i 50 anni esame ogni anno. Prenota ora 0832 760130

Per sangue occulto nelle feci si intende la presenza di sangue sotto forma di tracce quasi impercettibili nelle feci. Sono appunto difficilmente individuabili a occhio nudo, mentre l’analisi di laboratorio consente di individuarle con chiarezza.
Solitamente stomaco e intestino perdono una minima quantità di sangue durante la digestione; in condizioni normali però sono talmente minime da non essere individuate nemmeno con il test del sangue occulto. In presenza di particolari anomalie e problemi, invece, il sanguinamento è più consistente e se viene effettuato il test, probabilmente avrà esito positivo. Questo avviene quando sono presenti dei polipi, ossia delle sporgenze su intestino e retto, che sono fragili e tendono a sanguinare.
polipi sono comuni dopo i 50 anni e la maggior parte delle volte sono benigni; quando sono maligni, tendono a diffondersi anche in altre parti dell’organismo, e possono dare origine a tumori piuttosto gravi. A tal proposito, bisogna specificare che quasi tutti i tumori del colon-retto si originano dai polipi maligni che precedentemente erano polipi benigni.

Sangue nelle feci: cause, sintomi ed esame.

L’esame del sangue nelle feci può rivelarsi fondamentale: il sangue dall’ano è infatti il primo e unico sintomo del tumore al colo-retto. L’esame può essere eseguito con modalità differenti; in ogni caso, è preferibile effettuarlo su almeno 3 campioni diversi di escrementi, raccolti in giornate diverse. Il sanguinamento è infatti intermittente e potrebbe capitare di sottoporsi all’esame in giornate prive di sangue, pur subendo queste perdite un paio di giorni dopo. Al momento del test non bisogna preoccuparsi, in quanto non è per nulla invasivo e non richiede alcun tipo di preparazione.

Valori del sangue occulto nelle feci.

Se ci si trova di fronte a un esito dell’esame del sangue occulto positivo, bisogna effettuare altri approfondimenti, tra cui la colonscopia, per individuare tutte le cause. Se invece l’esito è negativo, purtroppo non c’è la certezza che non ci si trovi di fronte ad un tumore, in quanto questo esserci ma non sanguinare. Un caso a parte è rappresentato dai falsi positivi, ossia quei casi in cui viene individuata la presenza di sangue nelle feci pur non essendo direttamente presente. Questo avviene in particolare quando si effettua l’esame dopo aver consumato troppa carne o alimenti ricchi di ferro, quando si ci trova in fase mestruale, quando si assumono specifici farmaci, ecc. Con le ultime tecnologie in ambito scientifico, tuttavia, il rischio dei falsi positivi si riduce sempre più.
Così come i già citati polipi e tumori, alcune delle cause del sangue occulto nelle feci sono più gravi, come ad esempio la cirrosi epatica, mentre altre sono molto più leggere, come ad esempio le emorroidi e le ernie. In ogni caso, è raccomandato non drammatizzare la situazione pensando al peggio, ma neanche sottovalutare delle perdite che, seppur minime, vanno sempre analizzate.

Sangue nelle feci: le eccezioni

Anche se solitamente il sangue non è individuabile a occhio nudo, esistono delle eccezioni. In particolare, il sangue è visibile nei casi di:
– Melena, con feci di colore molto scuro, in quanto il tradizionale colore marrone si è unito a quello del sangue che, durante il passaggio nell’intestino, ha cambiato colore;
– Ematochezia, ovvro quando siamo in presenza dim sangue rosso vivo nelle feci;
– Feci striate di sangue, probabile conseguenza della presenza di ragadi anali o emorroidi.
Anche se non ci si trova in presenza di particolari sintomi, dopo i 45-50 anni, è buona norma sottoporsi una volta all’anno all’esame delle feci, per individuare in tempo ed eventualmente prevenire eventuali tumori intestinali. Non bisogna dimenticare che questo problema può riguardare alo stesso modo sia gli uomini che le donne.

Ortopedia: per braccia e gambe in salute. Prenota adesso0832 347731

Quella che oggi chiamiamo ortopedia era in origine la pratica di correzione del fisico e della postura nei bambini. Il termine deriva infatti da orthòs, che in greco significa “dritto”, e pàis, “bambino”. I primi interventi mirati a risolvere e curare specifiche patologie si tennero solo nel XIX secolo, in Francia e Gran Bretagna. Oggi l’ortopedia si caratterizza per la sua triplice funzione educativaterapica e chirurgica.

 

Lo scopo della visita ortopedica è verificare l’esistenza di eventuali alterazioni o disfunzioni dell’apparato locomotore (o muscolo-scheletrico). Le zone interessate sono la colonna vertebrale, gli arti inferiori (anca, ginocchio, piede e caviglia) e quelli superiori (spalla, gomito, mano e polso). I traumi – di natura congenita o acquisita – includono l’artrosi, l’ernia del disco, l’osteoporosi, la lussazione dell’anca, la scoliosi, la sindrome del tunnel carpale, i problemi al menisco, la fascite plantare e il valgismo.

Prima della visita vera e propria, lo specialista svolge l’anamnesi, ossia la raccolta di informazioni circa lo stato di salute del paziente dalla nascita al presente; si terranno in considerazione anche le sue abitudini di vita e il lavoro. Dopo questa fase, il medico ortopedico procede all’osservazione e alla palpazione delle zone interessate, compiendo test di vario tipo per valutare i riflessi, la forza muscolare, la postura e l’ampiezza dei movimenti. Prima della diagnosi finale – che può consistere in una terapia a lungo termine o in un intervento – potrebbe rivelarsi necessario un esame radiologico di approfondimento.

Lombosciatalgia, sintomi cause e rimedi. Prenota ora 0832.606087

Il nervo sciatico, chiamato anche nervo ischiatico, è il nervo più grande e più lungo del corpo umano, che si estende dalla parte bassa della schiena e percorre tutto l’arto inferiore, arrivando fino al piede. La compressione nel nervo sciatico porta ad una patologia nota come sciatica o sciatalgia lombare. Per lombosciatalgia infatti si intende una condizione che provoca dolore nella zona lombare, in uno dei due glutei e in uno dei due arti inferiori; può localizzarsi sia posteriormente che lateralmente.

Il dolore provocato dalla lombosciatalgia, oltre ad essere ben delimitato ad un’area del corpo, è acuto e può causare anche sensazioni di formicolio, mancanza di forza muscolare e difficoltà nel camminare. Nei casi più gravi, costringe la persona che ne è colpita all’assoluto riposo anche per diversi giorni.

Lombosciatalgia: le cause

La patologia, comunemente nota come “sciatica”, spesso è causata da un sovraccarico di lavoro. Chi solleva pesi, esegue lavori pesanti, determinando una torsione ripetitiva del tronco, può provocare questo tipo di irritazione del nervo sciatico. Oltre a ciò, possono giocare a sfavore eventuali alterazioni patologiche o interventi chirurgici della colonna vertebrale.

La lombosciatalgia può trovare la sua causa anche dalla presenza di un’ernia del disco o da altre problematiche che comportano un eccessivo lavoro da parte della zona muscolo-scheletrica lombare.

Altri fattori che certamente non aiutano sono alcune condizioni particolari come il sovrappeso, l’obesità, la sedentarietà, l’anzianità, patologie come l’artrite e il diabete, traumi alle natiche e alle cosce, ed anche la gravidanza. Soprattutto negli ultimi mesi, infatti, la futura mamma si vede sovraccaricata del peso del bambino che può irritare il nervo sciatico.

Fin dalla prima irritazione del nervo sciatico, la lombosciatalgia si presenta con sintomi evidenti. Il dolore dipende dallo stadio di avanzamento dell’infiammazione. Le persone che ne soffrono avvertono dolori penetranti, brucianti o forti come delle scosse elettriche.

Questi sintomi spesso sono avvertiti con maggiore intensità dopo starnuti, colpi di tosse o quando la persona si alza in piedi dopo aver trascorso molto tempo in posizione seduta.

In ogni caso, i sintomi della lombosciatalgia sono monolaterali; il dolore, quindi, non interessa mai entrambi i lati del corpo, ma colpisce solo la parte destra o quella sinistra. Se il dolore viene avvertito a livello del gluteo sinistro, quindi, potrà diffondersi anche lungo l’arto sinistro e la stessa zona lombare, ma non nella corrispettiva area destra.

Il formicolio, la scarsa sensibilità e la mancanza di forza muscolare che si possono avvertire in concomitanza con il classico dolore da sciatalgia spesso si localizzano in zone diverse rispetto a quest’ultimo.

Lombosciatalgia: come comportarsi?

Poiché possono essere diversi i motivi per i quali il nervo sciatico si infiamma, è opportuno prima di tutto andare ad individuare con certezza la causa scatenante. Ѐ importante rivolgersi al proprio medico quando ci si accorge che i sintomi della sciatica tendono a peggiorare, quando i dolori sono troppo forti da poter essere sopportati o quando si sono presentati in modo repentino in seguito ad un trauma o ad un impatto violento.

Bisogna, quindi, sottoporsi ad un esame obiettivo, da condurre in concomitanza con l’anamnesi del paziente. Solitamente, si ricorre a procedure diagnostiche più elaborate solo quando il dolore è fortissimo o si ipotizza una causa scatenante particolarmente grave. Solamente in questi casi, si può sottoporre la colonna vertebrale ai raggi X, alla risonanza magnetica nucleare, alla TAC o all’elettromiografia.

 

Vitamina C: gli alimenti che ne sono più ricchi. Consultati con il nostro nutrizionista 0832606087

La vitamina C (o Acido Ascorbico) è una vitamina sostanziale per il nostro organismo; i motivi per cui questa è così importante sono in realtà molteplici, innanzitutto è un potente antiossidante, rilevante per il corretto funzionamento del sistema immunitario e la sintesi di collagene nell’organismo, che è il costituente primario di vasi sanguigni, pelle, muscoli ed ossa. L’uomo infatti non può creare collagene senza la vitamina C, ed una sua carenza può portare ad una debolezza dei tessuti connettivi formando la malattia chiamata Scorbuto. È inoltre importante per lo sviluppodel tessuto cicatrizzante dei vasi sanguigni e della cartilagine e per la creazione di ATP, dopamina, tirosina e ormoni peptidici.

 

Altri benefici di questa vitamina sono il contrasto dei radicali liberi ai quali è imputabile l’invecchiamento e il deterioramento delle cellule, l’ottimizzazione nell’assorbimento di ferro contenuto negli alimenti, la prevenzione del rischio di malattie cardiovascolari e la pressione alta e il rafforzamento delle difese immunitarie, essenziale per la corretta funzionalità del nostro sistema immunitario in quanto aiuta la produzione di anticorpi. Gli esperti, infatti, ne consigliano una maggiore assunzione nel periodo invernale per prevenire i malanni stagionali. E non solo, la vitamina C è un potente antiossidante che aiuta a ridurre lo stress ossidativo e di conseguenza il rischio di cancro a qualsiasi età. I fumatori attivi e passivi, per esempio, hanno livelli più bassi di vitamina C, proprio a causa dell’aumento dello stress ossidativo, provocato dal fumo.
Anche dal punto di vista commerciale, come si può facilmente osservare dagli scaffali di una farmacia, la vitamina C è una delle più vendute, anche se come vogliamo far presente in questo articolo, il nostro organismo è geneticamente adatto ad estrarla e sintetizzarla da alimenti naturali e non da pastiglie o composti effervescenti.

La vitamina C è ampiamente distribuita in natura, tuttavia può variare in funzione della specie, del grado di maturazione e delle condizioni di conservazione e trattamento prima del consumo, ci sono infatti alcune variabili che influenzano notevolmente la presenza di questa vitamina negli alimenti, il contatto con l’aria ad esempio tende a diminuirne la sua concentrazione negli alimenti; il caloretende a “distruggerla”, per questo è molto più conveniente nutrirsi di alimenti crudi quando è possibile. Anche la freschezza dell’alimento è fondamentale per la presenza di vitamina C; quanto più tempo passa dalla raccolta del cibo al suo ingresso nell’organismo tanto più la sua presenza diminuisce.

Vediamo in dettaglio quali sono gli alimenti che contengono più vitamina C:
Tra i frutti troviamo:
1. Ananas
2. Guaiave (frutto esotico)
3. Kiwi
4. Papaya
5. Arance e clementine (agrumi)
6. Fragole
7. Peperoncino rosso e verde
8. Cigliege
Le spezie più ricche sono:
9. Timo
10. Prezzemolo
Tra le verdure, gli ortaggi e i tuberi ricordiamo:
11. cavolo
12. Broccoli
13. Cavolfiori
14. Peperone
15. Patate (soprattutto se novelle)
16. Cavoli
17. Pomodori
18. Lattuga
19. Radicchio
20. Spinaci

Dunque in ultima istanza possiamo aggiungere che una buona dose giornaliera di frutta e verdura ci aiuta a stare in salute e a prevenire numerose malattie.

Perchè è importante la prevenzione ginecologica? Prenotate ora 0832.606087

Si dice spesso “prevenire è meglio che curare“: questo detto è sicuramente azzeccato quando si parla di prevenzione in ambito ginecologico. Sottoporsi a controllo periodici ponendo sempre al primo posto la cura di sé stesse è di grande importanza, in quanto permette di prevenire o diagnosticare per tempo eventuali anomalie.

Ortokinesis offre dei pacchetti proprio per incentivare la prevenzione. Un esempio?

 

Il pacchetto prevede una serie di prestazioni che sono fondamentali, a partire dal pap test, che è consigliabile eseguire una volta all’anno.
In cosa consiste? È un esame in cui, tramite l’utilizzo di due tamponcini e due tipi diversi di spatoline, si raccolgono le cellule del collo dell’utero e dell’endocervice. Tali cellule vengono poi analizzate e valutate. Questo esame non è consigliato per le pazienti al di sotto dei 20 anni di età.

Oltre a il pap-test il pacchetto prevenzione prevede anche una visita ginecologica, quindi una valutazione più generale che comprende un colloquio per valutare eventuali esigenze che può avere la paziente in quel momento, della durata di circa 30 minuti. Spesso per le ragazze più giovani è l’irregolarità del ciclo mestruale che le spinge ad effettuare la prima visita, tuttavia la visita ginecologica di per sé è un controllo che andrebbe fatto una volta all’anno.

La terza prestazione che fa parte del pacchetto è l’ecografia trans-vaginale, è fondamentale in ogni fase della vita della donna: dall’adolescente alla giovane donna che è in cerca di una gravidanza, ma sopratutto per le donne in menopausa. L’ecografia trans-vaginale in menopausa andrebbe fatta una volta all’anno, per una prevenzione di patologie future, non solo dell’utero in sé ma anche delle ovaie.

E’ possibile prenotare online uno screening di prevenzione ginecologica in convenzione 

Fuoco di Sant’Antonio. Cosa Sappiamo?

Fuoco di Sant’Antonio

Per Fuoco di Sant’Antonio si intende una malattia infettiva scientificamente nota come Herpes Zoster. Il virus scatenante è lo stesso della varicella, il Virus varicella-Zoster (VZV). A differenza della varicella che colpisce prevalentemente i bambini, esso riguarda soprattutto gli adulti, in particolare gli anziani. Un legame tra le due malattie comunque c’è: chi non ha mai avuto la varicella non può avere il fuoco di Sant’Antonio.

Fuoco di Sant’Antonio: sintomi

Si manifesta attraverso sfoghi cutanei che inizialmente sono semplici macchie rosse e successivamente si trasformano in bolle e vescicole. Ma prima di questo, si avverte bruciore, formicolio e prurito in una zona ben precisa del corpo. Dopo qualche giorno, in quella stessa zona si sviluppano delle pustole, simili a quelle della varicella. Non è detto che i sintomi del fuoco di Sant’Antonio si manifestino sempre. Può capitare infatti che la malattia si sviluppi in modo lieve, senza lesioni; in questo caso si parla di Zoster sine herpete.
Altri sintomi comuni del fuoco di sant’Antonio sono: l’anoressia, i brividi, il dolore addominale, il dolore al collo, il dolore allo sterno, il dolore dorsale, il dolore facciale, la febbre, il mal di testa.

 


A seconda dell’intensità della malattia, il dolore provato può essere molto forte, quasi insopportabile, o molto lieve. Le zone più colpite sono i fianchi o comunque delle zone laterali del tronco, oppure un lato del viso. In realtà il fuoco di Sant’Antonio può colpire qualsiasi area del corpo, con un numero di lesioni variabile.
Dopo 7-10 giorni dalla loro comparsa, le vescicole si rompono trasformandosi in croste. Queste durano a loro volta altri 10 giorni.Dalla loro prima comparsa, quindi, le lesioni guariscono in circa 4 settimane e non rimangono delle cicatrici al termine. Nei casi più gravi tuttavia, il dolore con le pustole può durare anche alcuni mesi.

Fuoco di Sant’Antonio: contagio

Questa malattia, così come la varicella, è una malattia contagiosa. Il contagio può avvenire anche tra una persona affetta e un’altra che non ha mai avuto la varicella (e che non è stata vaccinata). In questo caso, la persona contagiata si ammalerà di varicella e non di fuoco di Sant’Antonio. Affinché il contagio si sviluppi, è necessario che la persona venga a contatto diretto con le lesioni dell’ammalato; al contrario, se il contatto non c’è e rimane semplicemente nello stesso ambiente dell’altro, la persona sana non può ammalarsi di varicella, perché durante l’infezione il virus non colpisce i polmoni e quindi se non c’è contatto non può trasmettersi solamente per via aerea.
Se chi è affetto da fuoco di sant’Antonio può contagiare un’altra persona che si ammala di varicella, non è vero il contrario. Chi è affetto da varicella quindi non può trasmettere il fuoco di sant’Antonio, ma solamente la varicella, e in questo caso anche solamente per via aerea.

Fuoco di Sant’Antonio: fattori di rischio e cura

Tra i fattori di rischio che possono sostenere il suo sviluppo, rientrano sicuramente il sesso, l’etnia e l’età. Vengono colpite soprattutto le donne e in generale le persone con età superiore ai 60 anni. I bianchi si ammalano molto più frequentemente degli afro-americani. Inoltre sono più a rischio le persone che hanno sofferto di varicella nel loro primo anno di vita e che soffrono di qualche problema legato al sistema immunitario.
Il fuoco di sant’Antonio viene trattato con farmaci analgesici e antinfiammatori. Se questi farmaci vengono somministrati in tempo, è possibile diminuire l’intensità dei sintomi. E’ possibile anche vaccinarsi per prevenire la comparsa del fuoco di Sant’Antonio.

Fuoco di Sant’Antonio. Cosa Sappiamo?

Fuoco di Sant’Antonio

Per Fuoco di Sant’Antonio si intende una malattia infettiva scientificamente nota come Herpes Zoster. Il virus scatenante è lo stesso della varicella, il Virus varicella-Zoster (VZV). A differenza della varicella che colpisce prevalentemente i bambini, esso riguarda soprattutto gli adulti, in particolare gli anziani. Un legame tra le due malattie comunque c’è: chi non ha mai avuto la varicella non può avere il fuoco di Sant’Antonio.

Fuoco di Sant’Antonio: sintomi

Si manifesta attraverso sfoghi cutanei che inizialmente sono semplici macchie rosse e successivamente si trasformano in bolle e vescicole. Ma prima di questo, si avverte bruciore, formicolio e prurito in una zona ben precisa del corpo. Dopo qualche giorno, in quella stessa zona si sviluppano delle pustole, simili a quelle della varicella. Non è detto che i sintomi del fuoco di Sant’Antonio si manifestino sempre. Può capitare infatti che la malattia si sviluppi in modo lieve, senza lesioni; in questo caso si parla di Zoster sine herpete.
Altri sintomi comuni del fuoco di sant’Antonio sono: l’anoressia, i brividi, il dolore addominale, il dolore al collo, il dolore allo sterno, il dolore dorsale, il dolore facciale, la febbre, il mal di testa.

 


A seconda dell’intensità della malattia, il dolore provato può essere molto forte, quasi insopportabile, o molto lieve. Le zone più colpite sono i fianchi o comunque delle zone laterali del tronco, oppure un lato del viso. In realtà il fuoco di Sant’Antonio può colpire qualsiasi area del corpo, con un numero di lesioni variabile.
Dopo 7-10 giorni dalla loro comparsa, le vescicole si rompono trasformandosi in croste. Queste durano a loro volta altri 10 giorni.Dalla loro prima comparsa, quindi, le lesioni guariscono in circa 4 settimane e non rimangono delle cicatrici al termine. Nei casi più gravi tuttavia, il dolore con le pustole può durare anche alcuni mesi.

Fuoco di Sant’Antonio: contagio

Questa malattia, così come la varicella, è una malattia contagiosa. Il contagio può avvenire anche tra una persona affetta e un’altra che non ha mai avuto la varicella (e che non è stata vaccinata). In questo caso, la persona contagiata si ammalerà di varicella e non di fuoco di Sant’Antonio. Affinché il contagio si sviluppi, è necessario che la persona venga a contatto diretto con le lesioni dell’ammalato; al contrario, se il contatto non c’è e rimane semplicemente nello stesso ambiente dell’altro, la persona sana non può ammalarsi di varicella, perché durante l’infezione il virus non colpisce i polmoni e quindi se non c’è contatto non può trasmettersi solamente per via aerea.
Se chi è affetto da fuoco di sant’Antonio può contagiare un’altra persona che si ammala di varicella, non è vero il contrario. Chi è affetto da varicella quindi non può trasmettere il fuoco di sant’Antonio, ma solamente la varicella, e in questo caso anche solamente per via aerea.

Fuoco di Sant’Antonio: fattori di rischio e cura

Tra i fattori di rischio che possono sostenere il suo sviluppo, rientrano sicuramente il sesso, l’etnia e l’età. Vengono colpite soprattutto le donne e in generale le persone con età superiore ai 60 anni. I bianchi si ammalano molto più frequentemente degli afro-americani. Inoltre sono più a rischio le persone che hanno sofferto di varicella nel loro primo anno di vita e che soffrono di qualche problema legato al sistema immunitario.
Il fuoco di sant’Antonio viene trattato con farmaci analgesici e antinfiammatori. Se questi farmaci vengono somministrati in tempo, è possibile diminuire l’intensità dei sintomi. E’ possibile anche vaccinarsi per prevenire la comparsa del fuoco di Sant’Antonio.

Fuoco di Sant’Antonio. Cosa Sappiamo?

Fuoco di Sant’Antonio

Per Fuoco di Sant’Antonio si intende una malattia infettiva scientificamente nota come Herpes Zoster. Il virus scatenante è lo stesso della varicella, il Virus varicella-Zoster (VZV). A differenza della varicella che colpisce prevalentemente i bambini, esso riguarda soprattutto gli adulti, in particolare gli anziani. Un legame tra le due malattie comunque c’è: chi non ha mai avuto la varicella non può avere il fuoco di Sant’Antonio.

Fuoco di Sant’Antonio: sintomi

Si manifesta attraverso sfoghi cutanei che inizialmente sono semplici macchie rosse e successivamente si trasformano in bolle e vescicole. Ma prima di questo, si avverte bruciore, formicolio e prurito in una zona ben precisa del corpo. Dopo qualche giorno, in quella stessa zona si sviluppano delle pustole, simili a quelle della varicella. Non è detto che i sintomi del fuoco di Sant’Antonio si manifestino sempre. Può capitare infatti che la malattia si sviluppi in modo lieve, senza lesioni; in questo caso si parla di Zoster sine herpete.
Altri sintomi comuni del fuoco di sant’Antonio sono: l’anoressia, i brividi, il dolore addominale, il dolore al collo, il dolore allo sterno, il dolore dorsale, il dolore facciale, la febbre, il mal di testa.

 


A seconda dell’intensità della malattia, il dolore provato può essere molto forte, quasi insopportabile, o molto lieve. Le zone più colpite sono i fianchi o comunque delle zone laterali del tronco, oppure un lato del viso. In realtà il fuoco di Sant’Antonio può colpire qualsiasi area del corpo, con un numero di lesioni variabile.
Dopo 7-10 giorni dalla loro comparsa, le vescicole si rompono trasformandosi in croste. Queste durano a loro volta altri 10 giorni.Dalla loro prima comparsa, quindi, le lesioni guariscono in circa 4 settimane e non rimangono delle cicatrici al termine. Nei casi più gravi tuttavia, il dolore con le pustole può durare anche alcuni mesi.

Fuoco di Sant’Antonio: contagio

Questa malattia, così come la varicella, è una malattia contagiosa. Il contagio può avvenire anche tra una persona affetta e un’altra che non ha mai avuto la varicella (e che non è stata vaccinata). In questo caso, la persona contagiata si ammalerà di varicella e non di fuoco di Sant’Antonio. Affinché il contagio si sviluppi, è necessario che la persona venga a contatto diretto con le lesioni dell’ammalato; al contrario, se il contatto non c’è e rimane semplicemente nello stesso ambiente dell’altro, la persona sana non può ammalarsi di varicella, perché durante l’infezione il virus non colpisce i polmoni e quindi se non c’è contatto non può trasmettersi solamente per via aerea.
Se chi è affetto da fuoco di sant’Antonio può contagiare un’altra persona che si ammala di varicella, non è vero il contrario. Chi è affetto da varicella quindi non può trasmettere il fuoco di sant’Antonio, ma solamente la varicella, e in questo caso anche solamente per via aerea.

Fuoco di Sant’Antonio: fattori di rischio e cura

Tra i fattori di rischio che possono sostenere il suo sviluppo, rientrano sicuramente il sesso, l’etnia e l’età. Vengono colpite soprattutto le donne e in generale le persone con età superiore ai 60 anni. I bianchi si ammalano molto più frequentemente degli afro-americani. Inoltre sono più a rischio le persone che hanno sofferto di varicella nel loro primo anno di vita e che soffrono di qualche problema legato al sistema immunitario.
Il fuoco di sant’Antonio viene trattato con farmaci analgesici e antinfiammatori. Se questi farmaci vengono somministrati in tempo, è possibile diminuire l’intensità dei sintomi. E’ possibile anche vaccinarsi per prevenire la comparsa del fuoco di Sant’Antonio.

Fuoco di Sant’Antonio. Cosa Sappiamo?

Fuoco di Sant’Antonio

Per Fuoco di Sant’Antonio si intende una malattia infettiva scientificamente nota come Herpes Zoster. Il virus scatenante è lo stesso della varicella, il Virus varicella-Zoster (VZV). A differenza della varicella che colpisce prevalentemente i bambini, esso riguarda soprattutto gli adulti, in particolare gli anziani. Un legame tra le due malattie comunque c’è: chi non ha mai avuto la varicella non può avere il fuoco di Sant’Antonio.

Fuoco di Sant’Antonio: sintomi

Si manifesta attraverso sfoghi cutanei che inizialmente sono semplici macchie rosse e successivamente si trasformano in bolle e vescicole. Ma prima di questo, si avverte bruciore, formicolio e prurito in una zona ben precisa del corpo. Dopo qualche giorno, in quella stessa zona si sviluppano delle pustole, simili a quelle della varicella. Non è detto che i sintomi del fuoco di Sant’Antonio si manifestino sempre. Può capitare infatti che la malattia si sviluppi in modo lieve, senza lesioni; in questo caso si parla di Zoster sine herpete.
Altri sintomi comuni del fuoco di sant’Antonio sono: l’anoressia, i brividi, il dolore addominale, il dolore al collo, il dolore allo sterno, il dolore dorsale, il dolore facciale, la febbre, il mal di testa.

 


A seconda dell’intensità della malattia, il dolore provato può essere molto forte, quasi insopportabile, o molto lieve. Le zone più colpite sono i fianchi o comunque delle zone laterali del tronco, oppure un lato del viso. In realtà il fuoco di Sant’Antonio può colpire qualsiasi area del corpo, con un numero di lesioni variabile.
Dopo 7-10 giorni dalla loro comparsa, le vescicole si rompono trasformandosi in croste. Queste durano a loro volta altri 10 giorni.Dalla loro prima comparsa, quindi, le lesioni guariscono in circa 4 settimane e non rimangono delle cicatrici al termine. Nei casi più gravi tuttavia, il dolore con le pustole può durare anche alcuni mesi.

Fuoco di Sant’Antonio: contagio

Questa malattia, così come la varicella, è una malattia contagiosa. Il contagio può avvenire anche tra una persona affetta e un’altra che non ha mai avuto la varicella (e che non è stata vaccinata). In questo caso, la persona contagiata si ammalerà di varicella e non di fuoco di Sant’Antonio. Affinché il contagio si sviluppi, è necessario che la persona venga a contatto diretto con le lesioni dell’ammalato; al contrario, se il contatto non c’è e rimane semplicemente nello stesso ambiente dell’altro, la persona sana non può ammalarsi di varicella, perché durante l’infezione il virus non colpisce i polmoni e quindi se non c’è contatto non può trasmettersi solamente per via aerea.
Se chi è affetto da fuoco di sant’Antonio può contagiare un’altra persona che si ammala di varicella, non è vero il contrario. Chi è affetto da varicella quindi non può trasmettere il fuoco di sant’Antonio, ma solamente la varicella, e in questo caso anche solamente per via aerea.

Fuoco di Sant’Antonio: fattori di rischio e cura

Tra i fattori di rischio che possono sostenere il suo sviluppo, rientrano sicuramente il sesso, l’etnia e l’età. Vengono colpite soprattutto le donne e in generale le persone con età superiore ai 60 anni. I bianchi si ammalano molto più frequentemente degli afro-americani. Inoltre sono più a rischio le persone che hanno sofferto di varicella nel loro primo anno di vita e che soffrono di qualche problema legato al sistema immunitario.
Il fuoco di sant’Antonio viene trattato con farmaci analgesici e antinfiammatori. Se questi farmaci vengono somministrati in tempo, è possibile diminuire l’intensità dei sintomi. E’ possibile anche vaccinarsi per prevenire la comparsa del fuoco di Sant’Antonio.

In cosa consiste la radiografia? Prenotala subito 0832.606087

La radiografia è un test diagnostico utilizzato per esaminare la parte interna del corpo, soprattutto per individuare problemi a livello delle ossa, come le fratture. Spesso però possono anche rilevare problemi con i tessuti molli, come polmoniti o tumori al seno. I Raggi X comunemente chiamati RX, sono un tipo di radiazioni (cioè energia che viaggia attraverso lo spazio) che hanno una frequenza di luce molto alta. Grazie alla loro alta frequenza, le radiografie possono passare attraverso il corpo umano. La parte del corpo che deve essere analizzata viene messa a contatto con la macchina generatrice di radiazioni koreapills.com. Il fascio di raggi Xattraversa il corpo del paziente e va ad impressionare la pellicola radiografica, sulla quale si forma un’immagine che consente di distinguere le strutture ed i tessuti interessati: l’immagine si determina in base all’assorbimento in maniera diversa dei raggi X nei diversi tessuti del corpo. È possibile utilizzare anche mezzi di contrasto radio-trasparenti o radio-opachi che danno rilievo ai contorni dell’organo riservato. 

 

La radiografia viene effettuata principalmente per rilevare fratture, problemi ai dentiosteoporosi, osteomielite, scoliosi, tumori delle ossa. Non sono chiaramente distinguibili gli organi principali e i vasi sanguigni ma sono comunque visibili agli occhi di un medio specialista. Pertanto la radiografia del torace rappresenta un buon modo di cercare eventuali anomalie nel cuore, nei polmoni e nelle arterie principali.

Pap Test: quando iniziare a farlo? Prenotalo adesso! 0832.606087 o 0832 947686

Il Test di Papanicolau, o Pap Test, consiste in un test di screening che consente di rilevare precocemente il tumore al collo dell’utero o altre anomalie, non individuabili attraverso una normale visita ginecologica, che potrebbero diventarlo in futuro. Il Pap Test è quindi un esame di prevenzione, eseguito su donne sane.

L’esame è effettuato dal ginecologo, durante una normale visita di ginecologica, e consiste nel prelievo di una piccola porzione di muco dal collo dell’utero e dal canale cervicale, tramite una speciale spatola. Il muco viene poi esaminato in laboratorio attraverso metodi di colorazione appositi ed un esame computerizzato. Il Pap Test consente anche di esaminare l’equilibrio endocrino della donna e la presenza di infezioni batteriche, virali o miotiche.

 

Secondo il Piano Sanitario Nazionale, ogni donna tra i 25 e il 64 anni dovrebbe sottoporsi al test una volta ogni tre anni.
Il test è consigliato a tutte le donne sessualmente attive, poiché risulta il principale test di screening per individuare il virus dell’HPV, trasmesso attraverso rapporti sessuali.


Anche le donne in menopausa dovrebbero sottoporsi all’esame, almeno fino ai 65-70 anni, per ottenere informazioni sullo stato dell’endometrio uterino.
Il Pap Test può essere eseguito su donne vergini, senza provocare la rottura dell’imene (in tal caso però, il ginecologo deve essere informato per poter adottare misure più delicate) e su donne in gravidanza, senza provocare danni al feto.

Il Pap Test non può essere eseguito durante il flusso mestruale, ma almeno una settimana prima di quando si prevede il ciclo successivo o tre giorni dopo la fine dell’ultimo ciclo. Nei due giorni prima di effettuare il test è consigliabile evitare deodoranti intimi, prodotti spermicidi, lavande, creme e ovuli vaginali. Inoltre, sarebbe meglio astenersi da rapporti sessuali, poiché potrebbero alterare i risultati dell’esame.

 

La vitamina K perché è importante? Prenota la tua visita presso il nostro centro 0832.606087

La Vitamina K è considerata una delle vitamine più importanti che caratterizzano il nostro organismo.

Essa è liposolubile in quanto garantisce una perfetta funzionalità di alcune delle proteine che formano e mantengono forti le nostre  ossa ed inoltre svolge un ruolo fondamentale nel processo di coagulazione del sangue.

Essa è contenuta negli alimenti vegetali e animali e viene sintetizzata dalla flora batterica.

 

Come acquisire il giusto apporto?

La Vitamina K è contenuta in molti alimenti quindi attraverso un’accurata alimentazione si può ricoprire il fabbisogno necessario.

Gli alimenti che la contengono maggiormente sono gli ortaggi a foglia verde ma, la si può trovare anche nei cereali, nei latticini e nella carne.

 

Carenze ed eccessi

Solitamente la Vitamina K viene immagazzinata naturalmente dal nostro organismo e, vista la sua ampia diffusione, i casi di carenza sono limitati.

Eventuali carenze si manifestano con una prima fase di aumento del tempo di coagulazione con un susseguirsi di petecchie (piccole macchie cutanee determinate da emorragie circoscritte) e di grandi emorragie.

Inoltre, una sua scarsità non consente un sufficiente apporto di calcio nelle ossa e questo può causare l’osteoporosi.

 

Rimedi contro la sua carenza

Nei soggetti “sani” la sua carenza può essere colmata semplicemente attraverso una maggiore attenzione della propria alimentazione e quindi l’assunzione di determinati cibi mentre, per soggetti con specifici problemi di salute, questa mancanza o la sua assunzione in quantità eccessiva, viene colmata o attenuata attraverso l’assunzione di farmaci.

 

Cause

La carenza di Vitamina K deriva da:

  • alimentazione sbagliata
  • ridotta secrezione della bile
  • malattie epatiche
  • malattie intestinali
  • radiazione da raggi x
  • farmaci (anticoagulanti, fluidificanti del sangue..)
  • l’inquinamento

La produzione di carenza di Vitamina K non è una condizione che non si presenta con alta frequenza ma una corretta alimentazione può evitare di incorrere ad eventuali problemi e consentirà di migliorare la condizione delle vostre ossa e di inibire la calcificazione vascolare.

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L’esame emocromocitometrico, meglio conosciuto con l’abbreviazione emocromo, è un analisi di laboratorio eseguito su sangue venoso utile per dare informazione, su colore e quantità della cellula del sangue. Sono necessari pochi millilitri di sangue per ottenere i risultati attendibili.

 

Dai valori dell’emocromo si determina il numero dei globuli rossi o eritrociti, globuli bianchi o leucociti, delle piastrine, dell’ematocrito ed altri valori. Il referto di laboratorio indica i valori del campione di sangue e l’intervallo di riferimento (normalizzato per sesso, età e strumento utilizzato).

Ferritina: scopriamo questa proteina cosi’ importante

La ferritina è una proteina abbondante nel nostro organismo: il suo ruolo è quello di fare da ‘deposito’ di ferro per le cellule. Questo elemento è fondamentale per molte delle azioni che compiamo quotidianamente e che ci permettono di sopravvivere, come la respirazione ed alcune reazioni metaboliche. Il ferro, infatti, è in grado di legarsi all’ossigeno (se sotto forma di ione ferroso) ossidandosi, ed è grazie a lui che quindi l’emoglobina può quindi trasportare l’ossigeno nei distretti del corpo che ne presentano un fabbisogno. Per questo motivo è molto importante che vengano mantenuti adeguati livelli di ferro (Fe) nel sangue, e che venga conservato per essere utilizzato in caso di necessità. Infatti, analizzando i livelli di ferritina di un individuo è possibile determinare la quantità di ferro che la persona ha a disposizione nel suo organismo. I valori di questa proteina divengono anomali solo in presenza di patologie o condizioni particolari come le anemie.
 
 

Cos’è la ferritina e a cosa serve?

Come già detto, la ferritina è un vero e proprio ‘magazzino’ per il ferro presente nell’organismo, e la sua struttura è divisa in sub-unità (tanti elementi uguali e più piccoli) che sono disposte a formare una sottospecie di guscio atto a contenere gli atomi di ferro sotto forma di ione ferrico. Questa proteina risiede prevalentemente nelle cellule e in minima parte nel sangue, ed ha il compito specifico di accogliere o rilasciare il ferro rispettivamente in caso di eccesso o carenza dell’elemento nell’organismo.
Esiste un equilibrio proporzionale tra la quantità di ferritina contenuta nei tessuti e quella presente nel sangue, per questo la concentrazione di questa proteina sotto forma plasmatica (in circolo) è un buon indicatore del ferro presente nell’organismo.
La ferritina è presente principalmente nel midollo osseo, nella milza, nei muscoli di tipo scheletrico e nel fegato. La sua concentrazione nel plasma è minuscola, ma può essere calcolata tramite un processo denominato ‘ferritinemia‘. Si tratta di un esame molto importante, vista l’importanza del ruolo ricoperto dal ferro nel nostro organismo ed il peso di eventuali carenze sulla vita quotidiana di una persona. Inoltre, il minerale contenuto nella ferritina è facilmente rimovibile, al contrario di quello legato all’emosiderina. Quindi, i valori di ferritina particolarmente bassi identificano con elevata sicurezza una carenza di minerale nell’organismo, e permettono di effettuare diagnosi più approfondite (come la separazione tra anemia sideropenica e altri tipi di anemie).

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