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Alzheimer: pacemaker nel cervello ne rallenta la progressione

Una sperimentazione su alcuni pazienti ha dimostrato risultati promettenti nelle nuove terapie delle malattie neurodegenerative

Un pacemaker, del tutto simile a quello che si usa per i cardiopatici, impiantato nel cervello rallenta il declino cognitivo delle persone con Alzheimer. In particolare li aiuta a mantenere capacità cruciali nella quotidianità come la capacità di pianificazione e di risoluzione dei problemi, oltre all’abilità decisionale.

I risultati di questo studio della Ohio University sono stati pubblicati sul Journal of Alzheimer’s Disease.

I test ancora su pochissime persone 

La sperimentazione al momento è stata svolta su tre pazienti. È stato impiantato nel loro cervello il pacemaker, che tra l’altro viene già utilizzato per oltre 135.000 pazienti con Parkinson. Il pacemaker viene impiantato nei lobi prefrontali, l’area dove “risiede” la capacità di pianificare e di prendere decisioni, che sono le più colpite insieme alla memoria.

I risultati 

I tre pazienti hanno fatto registrare miglioramenti significativi nella qualità della loro vita. Sono tornati a svolgere in modo indipendente e autonomo molti dei compiti quotidiani che non riuscivano più a fare a causa della condizione in cui vivevano.

Il parere dell’esperto

«Ad oggi – spiega Douglas Scharre, uno degli autori del lavoro – disponiamo di molti strumenti, ausili e farmaci che aiutano la memoria dei malati di Alzheimer. Non abbiamo però nulla per aiutarli nella vita di tutti i giorni a prendere decisioni, concentrarsi, pianificare, evitare distrazioni quando si porta avanti un qualsiasi compito. Queste capacità sono fondamentali per la vita di tutti i giorni, necessarie anche ad esempio per rifare il letto, vestirsi, mangiare, socializzare».

Lo scompenso cardiaco: sai riconoscere i segnali premonitori?cuore

È causato dall'incapacità del cuore di assolvere alla normale funzione di pompare il sangue. Ecco come si manifesta

Il cuore è un muscolo, responsabile della circolazione del sangue in tutto il corpo attraverso le arterie e le vene. In caso di scompenso cardiaco, il cuore perde parzialmente o in maniera significativa la capacità di pompare il sangue nella quantità adeguata per portare il giusto nutrimento agli organi. Questo accade a causa di un indebolimento o irrigidimento del muscolo, che perde la sua forza contrattile. Non vuol dire che il cuore cessa di battere, ma perde la sua capacità di lavorare come dovrebbe.

Conseguenze dello scompenso

Questa situazione provoca un accumulo di liquidi nei polmoni e nei tessuti, causando l’affaticamento e l’alterazione di tutte le attività vitali, quali ad esempio la respirazione, la digestione e le attività motorie e intellettive.

165.000 nuovi casi all’anno 

Questa condizione colpisce circa un milione di persone in Italia. Questa malattia è la causa di 500 ricoveri ogni giorno.

Quali persone colpisce

Sopra i 65 anni la percentuale dei pazienti colpiti aumenta in maniera esponenziale e sopra gli 80 anni almeno il 10% ne è affetto. Purtroppo, però, interessa anche i giovani, soprattutto quelli esposti ai comportamenti a rischio o che hanno avuto infezioni mal curate che hanno indebolito il cuore.

Fattori di rischio 

Dobbiamo prestare attenzione soprattutto ai fattori reversibili, cioè legati a comportamenti non adeguati. Tra questi, sovrappeso, alimentazione scorretta, assenza di attività fisica, ipertensione e dislipidemia (ossia le alterazioni della quantità di lipidi circolanti nel sangue, in particolare del colesterolo e dei trigliceridi).

Prevenzione dello scompenso 

È necessario seguire abitudini di vita sane e avvicinarsi a un’alimentazione corretta, povera di grassi e ricca di verdura. È indispensabile eliminare il fumo (che è una delle principali cause delle malattie cardiovascolari) e controllare la pressione, la glicemia, il colesterolo.

Legame tra scompenso e infarto 

La principale causa dello scompenso cardiaco è la malattia coronarica, responsabile dell’infarto. Nel 60% dei casi chi viene colpito da scompenso ha alle spalle un infarto del miocardio che è evoluto, che è peggiorato e che ha lasciato una cicatrice. A incidere sull’insorgenza dello scompenso, però, non è solo l’infarto: anche altre patologie, come l’ipertensione, il diabete, le malattie del muscolo cardiaco, le malattie infiammatorie, le valvulopatie e le malattie congenite, giocano un ruolo importante.

Ovaio policistico: scoperta una cura a base di melatonina

Uno studio italiano ha comprovato l'efficacia di integratori a base di melatonina nel trattamento di questa patologia femminile

È un team tutto italiano quello che ha scoperto, grazie a uno studio pubblicato sulla rivista Reproductive Sciences, una nuova terapia a base di melatonina per curare la sindrome dell’ovaio policistico.

Cos’è la sindrome dell’ovaio policistico

La sindrome dell’ovaio policistico (o policistosi ovarica) è una patologia endocrinologica e metabolica, caratterizzata da un’eccessiva produzione di androgeni (ormoni maschili) rispetto agli estrogeni (ormoni femminili). È uno dei disturbi ginecologici più comuni della popolazione femminile tanto che in Italia interessa tra il 5% e il 15% delle donne in età riproduttiva.

Quali sono i sintomi

L’aumento degli ormoni maschili (iperandrogenismo) è responsabile dell’eccesso di peluria su viso e corpo e della caduta di capelli. La sindrome, inoltre, è caratterizzata dalla possibile presenza di acne e da alterazioni del ciclo mestruale (che può essere completamente assente, irregolare o di scarsa entità). L’ovaio può apparire ingrandito e provvisto di cisti di diametro variabile. In alcune pazienti si verifica anche una resistenza all’insulina, l’ormone che regola il glucosio nel sangue: questo può causare iperglicemia, diabete e ipertensione arteriosa.

Lo studio italiano

I ricercatori dell’Università Cattolica e della Fondazione Policlinico A. Gemelli di Roma hanno preso in esame 40 donne con ovaio policistico, alle quali è stata somministrata melatonina (l’ormone del sonno) ogni giorno per sei mesi. Dopo il periodo di trattamento queste persone presentavano una riduzione significativa dei livelli di ormoni androgeni, la regolarizzazione dei cicli mestruali, il ripristino dell’ovulazione e la riduzione di acne e irsutismo.

Come mai la melatonina è efficace contro l’ovaio policistico?

Sebbene le cause di questo disturbo siano ancora ignote, «recentemente è stato ipotizzato che un intrinseco stato pro-infiammatorio pro-ossidativo possa avere un ruolo nel determinare, mantenere e/o peggiorare le manifestazioni riproduttive e metaboliche osservate nelle donne con la sindrome dell’ovaio policistico» spiega Rosanna Apa, ginecologa del Polo Scienze della Salute della Donna e del Bambino del Policlinico Gemelli. «La melatonina ha una documentata attività antiossidante e per tale motivo abbiamo deciso di utilizzarla su un campione di donne con questa patologia». E dallo studio condotto è emerso che la melatonina potrebbe proteggere i follicoli dallo stress ossidativo, inducendo anche una corretta maturazione dell’ovocita.

I punti di forza di questa scoperta

La novità di questo studio è che l’agente utilizzato per ottenere i miglioramenti clinici e biochimici è un integratore e non un farmaco e dunque privo di effetti collaterali. Tuttavia, la sua somministrazione per il trattamento della sindrome dell’ovaio policistico deve essere sempre valutata da uno specialista.

Infarto e ictus: anche una sola sigaretta al giorno alza il rischio

Un importante studio britannico ha dimostrato che diminuire il numero di sigarette è inutile per le malattie cardiovascolari

Chi fuma anche solo una sigaretta al giorno ha il 50% di possibilità in più di essere colpito da una malattia cardiacA e il 30% di avere un ictus, rispetto a chi non ha mai fumato. Insomma non esistono livelli di sicurezza quando si parla di fumo.

Lo studio all’Università di Londra 

Le malattie cardiovascolari rappresentano il più grande rischio per i fumatori. Quasi la metà – il 48% – delle morti premature si deve proprio a patologie cardiache. Lo studio è stato svolto dall’UCL Cancer Institute at University College London. I dati  sono stati pubblicati sulla rivista scientifica British Medical Journal.

I risultati 

Un’imponente ricerca che ha analizzato 141 studi precedenti su questo tema ha evidenziato che l’abitudine di fumare 20 sigarette al giorno, quindi un pacchetto intero, è causa di sette infarti o ictus in un gruppo di 100 persone di mezza età. Ridurre anche a solo una comunque non sembra una soluzione definitiva, anche se il numero di infarti scende a 3 su un gruppo di cento.

Gli uomini 

I ricercatori sostengono che gli uomini che fumano una sigaretta al giorno hanno circa il 48% di probabilità in più di avere un infarto rispetto a chi non fuma e il 25% in più di avere un ictus.

Le donne 

Più preoccupante la situazione delle donne. Le signore hanno un rischio più alto del 57% per l’infarto e del 31% dell’ictus.

Il parere dell’esperto 

«C’è la tendenza in alcuni Paesi di diminuire le sigarette quando si è forti fumatori, pensando che sia un’ottimo idea. Ma lo è per il cancro, non per il cuore. Bisogna solo smettere di fumare» ha detto il professor Allan Hackshaw dell’UCL Cancer Institute at University College di Londra.

I ricercatori hanno spiegato che ci si sarebbe aspettati che fumare meno sigarette avrebbe ridotto in modo proporzionale anche i rischi, così come ad esempio succede per il tumore al polmone.

Cosa mangiare in gravidanza

Una corretta alimentazione è fondamentale per portare serenamente avanti una gravidanza. Occorre seguire una dieta? Non sempre. Ma è bene sapere cosa escludere e cosa non deve mai mancare e saper gestire il proprio peso, anche se nel momento del concepimento eravate in perfetta forma. Un’attenzione particolare dovrà poi essere posta da coloro che hanno situazioni particolarmente complicate, come un diabete gestazionale o un’obesità.

Cosa non mangiare in gravidanza

Durante la gravidanza alcuni alimenti vanno assolutamente evitati:

  • Alcolici: di tutti i generi, compresi vino e birra, andrebbero eliminati del tutto per evitare inutili rischi per il feto.
  • Carne cruda: evitiamo carpacci, tartare, roastbeef e tutti i generi di carne cruda, compresi salumi e affettati crudi.
  • Pesce crudo: anche qui evitiamo carpacci, tartare, pesce affumicato, pesce in scatola, sushi e sashimi, preferiamo un pesce fresco o surgelato e ben cotto.
  • Bivalve: non tutti i frutti di mare sono da evitare (se ben cotti), attenzione solo a: cozze, vongole, ostriche e fasolari.
  • Latticini non pastorizzati: latte e formaggi possono essere consumati in gravidanza, purché siano stati opportunamente pastorizzati; da escludere invece i formaggi maturati con muffe: gorgonzola, brie, rocquefort e camembert.
  • Uova crude: le uova vanno consumate ben cotte, quindi escludiamo uova all’occhio di bue, alla coque e in camicia, così come le creme che non vengono cotte.
  • Tisane: prestate molta attenzione al consumo di tisane durante la gravidanza, poiché l’effetto di alcune erbe sul feto potrebbe essere pericoloso.

Cosa non mangiare nei primi mesi di gravidanza

Oltre ai cibi elencati qui sopra, ci sono una serie di alimenti che sarebbe bene iniziare a togliere dalle nostre tavole una volta iniziata la gravidanza.

  • Zuccheri: di tutti i tipi, compresi zucchero di canna, miele e fruttosio.
  • Dolcificanti artificiali: evitiamo di aggiungere dolcificanti a cibi e bevande e quindi anche tutto ciò che li contiene (caramelle, gomme da masticare, bibite light).
  • Grassi saturi: cerchiamo di evitare almeno il consumo di burro, strutto, lardo e margarina, ma limitiamo fortemente anche le carni grasse (salsiccia, costarelle, pancetta…) ed i formaggi stagionati.
  • Salse: limitare fortemente il consumo di salse grasse come maionese, panna acida e panna zuccherata, besciamella e così via, ci aiuterà sicuramente ad avere un’alimentazione più sana e leggera. 

La prima ecografia in gravidanza: a quante settimane si fa e cosa si vede?

Il momento della prima ecografia è emozionante per la mamma. L'ostetrica ci spiega quando eseguirla e perché è così importante 

 

Prima ecografia in gravidanza

Dopo il test di gravidanza positivo, la seconda emozione forte per una mamma e il primo esame più importante è la prima ecografia. Tutti sanno che è importante essere sotto controllo in gravidanza,  ma è chiaro a tutte per quale motivo viene eseguita la prima ecografia in gravidanza e quando va eseguita? Vediamo di scoprirlo insieme.

A quante settimane va eseguita la prima ecografia?

La tentazione sarebbe quella di effettuarla appena scoperta la gravidanza, ma sarebbe inutile. Questo perché il bimbo sarebbe talmente piccolo da non poter nemmeno essere visibile. Comincia a vedersi un puntino minuscolo intorno alle 7 settimane (cioè 7 settimane dopo l'ultima mestruazione, il che corrisponde a circa un mese e mezzo). Il momento ideale è però intorno alla 10a - 11 settiamana quando il bambino è abbastanza grande da poterci far vedere il cuore e gli annessi fetali (che sono poi la placenta e il sacco amniotico dentro cui crescerà il feto) e controllare che siano sistemati nella loro posizione definitiva.

L’importanza della visita ginecologica

Per ogni donna, la visita ginecologica risulta essere un momento fondamentale durante il quale affrontare o prevenire una vasta serie di problematiche che, se trascurate, potrebbero comportare complicazioni.
Ecco il perché, per ogni donna è consigliata una visita ginecologica periodica, un controllo fisso annuale che dovrebbe entrare a far parte della vita di ognuna.
 
A che età il primo controllo
Qualunque sia l’età, specie se siete appena diventate maggiorenni oppure ancora adolescenti, effettuare la prima visita ginecologica è un’occasione importante che permetterà di capire e conoscere meglio il proprio corpo.
Attraverso una breve visita e un accurato colloquio con il medico specialista, ogni ragazza potrà essere adeguatamente informata su tutte quelle problematiche che spesso rispondono anche al nome di malattie sessualmente trasmissibili.
Lasciate quindi che la vostra salute venga posta sempre al primo posto: con la prima visita ginecologica sarete in grado di ricevere tutte le risposte a domande che ogni giovane ragazza si pone.Curare problematiche dell’organo riproduttivo 
Il proprio benessere deve essere sempre posto in cima alle priorità di ogni donna: per questo, la visita ginecologica, deve essere effettuata periodicamente.
Grazie all’appuntamento con il ginecologo sarete in grado di avere un’accurata valutazione dello stato di salute degli organi genitali esterni (vagina e vulva) e interni (utero e ovaie).
Il ginecologo infatti si occuperà di come curare le irregolarità del ciclo mestruale, dare informazioni sui metodi contraccettivi, curare e prevenire le infezioni vaginali, dare informazioni su come avere una vita sessuale corretta ed equilibrata.

Fondamentale è, in questo caso, instaurare un rapporto di confidenza e fiducia con il proprio medico specialista; il ginecologo vorrà infatti preventivamente avere alcune informazioni (età della prima mestruazione, regolarità del ciclo mestruale, assunzione di farmaci, ecc…) e poi procederà con la visita.

Essa prevede di sdraiarsi sul lettino ginecologico appoggiando le gambe sui due supporti ai lati del lettino: in questa fase il ginecologo potrà rilevare l’eventuale presenza di infiammazioni vulvo vaginali e osservare lo stato di salute della parete interna della vagina e il collo dell’utero.

La prevenzione dei tumori
La visita ginecologica è un momento importantissimo anche per prevenire i tumori della donna: durante la visita sarà possibile infatti sottoporsi al Pap-test, un semplice ma fondamentale esame che permette di individuare precocemente eventuali tumori del collo dell’utero.

Una visita breve dunque, come quella ginecologica, è fondamentale per il benessere della donna che permetterà di poter vivere, nel migliore dei modi e col massimo entusiasmo e tranquillità, la vostra vita.

Cosa sono gli strappi muscolari?


Gli strappi o distrazioni muscolari sono gravi lesioni causate dalla rottura di un numero variabili di fibre muscolari. Queste lesioni si generano quando il muscolo viene sottoposto ad una eccessiva sollecitazione. Possono succedere, per esempio, durante scatti improvvisi o brusche e rapide contrazioni a freddo. Per questo motivo sono molto frequenti nell’ambito sportivo, specialmente negli sport che necessitano forza esplosiva come il calcio, il sollevamento pesi, il basket ed altri.
Tutti i muscoli possono subire uno strappo delle fibre ma maggiormente colpiti sono solitamente i muscoli antigravitari degli arti. I gruppi muscolari più colpiti sono quindi i muscoli della coscia e della gamba, i muscoli estensori del braccio ed il muscolo deltoide.

Classificazione
A seconda del numero di fibre coinvolte gli strappi muscolari sono suddivisi in tre stadi.
Primo stadio: solo poche fibre appaiono danneggiate, meno del 5%. Non si ha un’importante perdita di funzione ed anche la sintomatologia è abbastanza modesta.
Secondo stadio: la lesione coinvolge un numero maggiore di fibre muscolari impedendo la continuazione dell’attività sportiva, la sintomatologia è importante e gravosa.
Terzo stadio: quasi tutto il muscolo risulta colpito, è possibile apprezzare la presenza di uno scalino in prossimità della lesione, a testimoniare la gravità della stessa. La sintomatologia è importane così come anche l’incapacità funzionale del muscolo colpito.

Cosa fare quando accade
La prima cosa che deve essere fatta è la sospensione dell’attività che ha causato la lesione. Mettere immediatamente in riposo il muscolo colpito è necessario anche in caso di lesioni al primo stadio. Applicare immediatamente un impacco freddo come la borsa del ghiaccio serve a ridurre lo stravaso ematico e la formazione di edema quindi è consigliabile. Ricordarsi quindi di applicare il protocollo racchiuso nell’acronimo P.R.I.C.E ovvero protezione, riposo, ghiaccio, compressione, elevazione.
Altro punto fondamentale è quello di rivolgersi ad un centro specializzato che sappia individuare la zona ed il grado di lesione e sappia attuare un’efficace terapia, elemento questo indispensabile per una rapida ripresa.
Per le lesioni di primo grado si possono usare farmaci antinfiammatori e miorilassanti, iniziare precocemente esercizi di stretching leggero può migliorare la qualità della cicatrice che si sta formando in prossimità della rottura.
Prima della ripresa dell’attività sportiva è utile seguire un programma di riabilitazione che preveda l’utilizzo di esercizi per migliorare il reclutamento muscolare e di fisioterapia come la Tecarterapia, terapia che permette un rapido recupero ed una miglior cicatrizzazione muscolare (puoi prenotare una appuntamento con il nostro centro fisioterapico) Nello stadio 3 a seconda della sede può essere indicato il trattamento chirurgico volto a suturare le fibre muscolari.

Andropausa: come aiutare il partner

 

L'orologio batte il tempo anche per lui: a quale età si avvertono i sintomi dell'andropausa? Come affrontarne le conseguenze sulla vita di coppia? Un andrologo e una sessuologa rispondono a queste e altre domande per aiutarci a capire come stare vicini al proprio compagno e salvaguardare l'intesa sessuale anche durante questa età della vita 

Andropausa: come aiutare il partner
Variazione al ribasso dell'attività sessuale e della libido, erezione raggiunta più tardivamente, deficit erettile, insicurezza e senso di inadeguatezza fino alla depressione e alla ripresa più lenta da malattie ed eventi stressanti. Sono alcuni dei sintomi di cui possono soffrire i nostri partner dopo i 50 anni, età nella quale inizia l'andropausa. Come stargli vicino? Come reagire di fronte a eventuali défaillance sessuali? Come evitare ricadute sull'intesa di coppia? Rivolgiamo le nostre domande a due esperti: un andrologo e una sessuologa.

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Il “sesso a comando” causa di disfunzione erettile L’attività sessuale programmata inibisce 1 uomo su 2

Orologi e calendari non vanno d'accordo con il sesso. L’attività sessuale programmata – vale a dire stabilire il giorno e la fascia oraria in cui la coppia dovrà avere il rapporto per aumentare le possibilità di fecondazione – poco si concilia con l’eros maschile, e l'eccitazione langue.
A rivelarlo è uno studio appena condotto da un’équipe internazionale di andrologi in Sud Corea che ha analizzato per 3 anni gli effetti del cosiddetto “sesso a comando” – ossia la programmazione del rapporto finalizzata al concepimento che ogni anno in Italia interessa oltre 70.000 coppie – su un campione di 439 uomini, pubblicandone i risultati sul British Journal of Urology.
L’indagine ha evidenziato come: 
- circa la metà della popolazione maschile con attività sessuale programmata a fini riproduttivi abbia sviluppato una disfunzione sessuale, ovvero disfunzione erettile o difficoltà a eiaculare;
- il 42,8% del campione ha manifestato problematiche di disfunzione erettile;
- il 5,92% ha registrato una notevole difficoltà a raggiungere l’orgasmo. 
“Questa ricerca clinica – spiega il Dott. Bruno Giammusso, Coordinatore Scientifico della campagna nazionale contro la disfunzione erettile ‘Chiedi Aiuto’ (www.chiedi-aiuto.it) - ci mostra come il 'sesso a comando' possa spesso provocare disfunzioni sessuali nel partner maschile. La causa principale di tale fenomeno può essere attribuita all’ansia da prestazione, ossia alla tensione emotiva che deriva, per l’uomo, dal sentirsi responsabile di fronte alla partner di un atto da cui dipenderà il concepimento di un figlio”.
“Ma non va trascurato – prosegue Giammusso - fra le cause di disfunzioni sessuali nel maschio il calo di desiderio che si accompagna alla perdita di spontaneità della vita amorosa, nel momento in cui il sesso non è più un piacere, ma un dovere da svolgere fino al raggiungimento dell’obiettivo gravidanza”.
“Anche i medici, nella scelta dei trattamenti per la cura della disfunzione erettile, dovrebbero quindi tenere in considerazione gli effetti negativi della programmazione stessa sull'attività sessuale. Risulta quindi utile, a tal scopo, un consulto con uno specialista per valutare la salute sessuale del maschio anche nei suoi aspetti psicologici”, conclude il Dott. Bruno Giammusso.

Sesso, i 9 problemi più comuni che abbiamo a letto, secondo medici e psicologi (FOTO)

C'è chi per il sesso non ha tempo, chi aveva una brillante vita sessuale ed ora non l'ha più e chi ha perso il desiderio per strada, forse dietro ai figli o ai problemi economici. Il sesso non smette di porre domande e ci invita a riflettere sulla nostra vita privata e di coppia. L'Huffington Post americano ha chiesto ad alcuni medici, esperti e psicologi di indicare i problemi più comuni dei pazienti perché parlarne è il primo passo per prenderne consapevolezza. Via l'ansia e via le paure: se, a volte, incontriamo qualche difficoltà, non è il caso, certo, di vergognarsene.

 

 

1. Calo del desiderio sessuale

sesso

"Il calo del desiderio sessuale tra i partner è uno dei problemi più comuni con cui ho avuto a che fare. Può essere dovuto ad un disagio fisico, ad esempio al dolore durante il rapporto. Oppure può essere generato da una stanchezza cronica o dallo stress, fattori che possono essere collegati alla cura dei bambini o a difficoltà economiche. La soluzione, in entrambi i casi, dipende tutta da un cambiamento dello stile di vita, ma anche imparare a comunicare bene con il partner può aiutare. Il calo del desiderio può dipendere dalla storia sessuale e psicologica dell'individuo oppure nascere proprio dalla relazione stessa. In questo caso, bisogna tenere conto del fatto che il desiderio sessuale è un barometro della salute del nostro rapporto".

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Attacchi di panico: cosa fare nell'immediato

Cuore in gola, senso di soffocamento, mani sudate, e sensazione come quella di star per svenire sono solo alcuni dei sintomi che possono essere percepiti quando si viene colpiti da attacchi di panico. In questi casi, bisogna imparare a gestire la crisi di panico anche nell'immediato, soprattutto se si è soli e non si sa cosa fare.

Cos'è un attacco di panico

Per capire bene come comportarsi quando si ha un attacco di panico, dobbiamo comprendere a fondo di cosa si tratta. La crisi di panico è una reazione di ansia espressa dal nostro organismo in risposta a uno stimolo esterno.

L'ansia è in realtà una componente fondamentale della nostra esistenza. Una quota di ansia è infatti necessaria e fisiologica poiché ci aiuta ad affrontare situazioni che richiedono particolare impegno: una giusta "preoccupazione" per esempio in vista di un esame scolastico ci consente di attivare tutte le necessarie risorse di attenzione e di funzionamento cognitivo per superarlo al meglio.

Inoltre, da un punto di vista evolutivo, la componente dell'ansia nella storia dell'uomo è quell'aspetto che ha garantito la sopravvivenza della specie. Basti pensare infatti ai sentimenti di ansia e paura che, per esempio, deve aver provato l'uomo primitivo di fronte alle minacce ambientali, che ne hanno provocato sì la fuga, ma con essa hanno plasmato anche la sua capacità di fronteggiare situazioni difficili, e quindi ne hanno garantito la sopravvivenza.

L'ansia quindi può essere una fondamentale amica, ma se prende il sopravvento e si scollega dalle minacce reali dell'ambiente allora può rappresentare un vero ostacolo per la persona, fino a danneggiarla.

Quali sono i sintomi di un attacco di panico?

L'attacco di panico si riconosce per una serie di sensazioni fisiche molto concrete, tanto da poter essere scambiate, da chi le prova, per qualcosa di organico e più pericoloso. Spesso una crisi di panico viene infatti confusa con problemi di tipo cardiaco, ma senza che con questi abbia in realtà niente a che vedere.

I sintomi dell'attacco di panico sono i seguenti:

  • tachicardia, ovvero i battiti cardiaci che accelerano fortemente, dando la sensazione che il cuore stia per scoppiare;
  • mani sudate, o comunque sudorazione in genere accelerata;
  • tremori e, talvolta, qualche spasmo muscolare;
  • sensazione del laccio alla gola o di soffocamento;
  • mancanza d'aria, asfissia;
  • dolore al petto, come se fosse in arrivo un attacco cardiaco, quando in realtà il dolore è provocato dalle contrazioni muscolari dettate dal sistema nervoso;
  • nausea, vomito;
  • dolori intestinali;
  • sensazione come quella di star per svenire, instabilità, la testa che sembra andar via leggera;
  • senso di perdere il contatto con la realtà, oppure di depersonalizzarsi, ossia di perdere il contatto con il proprio corpo fisico;
  • improvvise vampate di calore, oppure brividi di freddo;
  • formicolio agli arti.

Questi sono i sintomi classificati e riconosciuti dalla comunità scientifica internazionale; occorre considerare che non tutti possono e devono essere presenti contemporaneamente per poter parlare di disturbo di panico.

Tutte queste sensazioni possono essere inoltre collegate con altri due indicatori diagnostici che aiutano a classificare una crisi di panico e che sono fortemente connessi con i precedenti:

  • paura di perdere il controllo di sé e delle proprie azioni, in altre parole, paura di impazzire;
  • paura di morire.

Cosa fare nell’immediato

La respirazione è molto importante per la risoluzione di questo tipo di disturbi, oltre che per la salute generale di tutto l'organismo. Imparare a gestire la respirazione è quindi necessario per fronteggiare l'attacco di panico nell'immediato.

Bisogna imparare a regolarizzare i cicli di inspirazione e di espirazione. Questo aiuta a diminuire velocemente il livello di ansia, andando a rendere volontario qualcosa che risulta automatico, ovvero andando a regolare la respirazione abbassando il numero dei cicli di entrata e di uscita dell'aria nei polmoni. Se si è in iperventilazione, è consigliabile respirare in un sacchetto di carta per riportare a livelli ottimali i livelli di anidride carbonica nel sangue e calmare l'agitazione.
https://www.piuvivi.com/relax/attacchi-crisi-panico-cosa-fare-subito-nell-immediato.html

  • Questi sono i sintomi classificati e riconosciuti dalla comunità scientifica internazionale; occorre considerare che non tutti possono e devono essere presenti contemporaneamente per poter parlare di disturbo di panico.

    Tutte queste sensazioni possono essere inoltre collegate con altri due indicatori diagnostici che aiutano a classificare una crisi di panico e che sono fortemente connessi con i precedenti:

    • paura di perdere il controllo di sé e delle proprie azioni, in altre parole, paura di impazzire;
    • paura di morire.

    Attacchi di panico: cosa fare nell'immediato

    La respirazione è molto importante per la risoluzione di questo tipo di disturbi, oltre che per la salute generale di tutto l'organismo. Imparare a gestire la respirazione è quindi necessario per fronteggiare l'attacco di panico nell'immediato.

    Bisogna imparare a regolarizzare i cicli di inspirazione e di espirazione. Questo aiuta a diminuire velocemente il livello di ansia, andando a rendere volontario qualcosa che risulta automatico, ovvero andando a regolare la respirazione abbassando il numero dei cicli di entrata e di uscita dell'aria nei polmoni. Se si è in iperventilazione, è consigliabile respirare in un sacchetto di carta per riportare a livelli ottimali i livelli di anidride carbonica nel sangue e calmare l'agitazione.
    https://www.piuvivi.com/relax/attacchi-crisi-panico-cosa-fare-subito-nell-immediato.html

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Come capire se il dolore al braccio sinistro è legato al cuore

Il dolore al braccio sinistro può essere provocato da varie cause, che vanno dal semplice stiramento a problemi più seri come l'infarto miocardico (o attacco cardiaco). Non è sempre possibile determinare se il dolore al braccio sinistro sia dovuto a questioni poco preoccupanti o potenzialmente gravi. A ogni modo, talvolta alcune caratteristiche ci aiutano a distinguere se il dolore al braccio sinistro sia legato o meno a disturbi cardaci.

Dolore al petto e al braccio sinistro

Anche se non sempre costituisce motivo di allarme, il fastidio o la sensazione di pesantezza al petto accompagnato dal dolore lungo il braccio sinistro richiede cure mediche immediate nella maggior parte dei casi, in quanto può essere difficile determinare se tale situazione sia sintomatica di una condizione grave. Con ogni probabilità, il senso di oppressione e/o di bruciore al petto insieme al dolore al braccio sinistro, spesso seguiti anche da sudorazione, nausea, respiro affannoso, battito del cuore accelerato o senso di svenimento sono problemi legati all'attacco di cuore.

In alcuni casi, invece, il dolore al petto e al braccio sinistro non è nulla di grave, come per esempio quando un giovane avverte fastidio al petto e al braccio dopo essere caduto durante una partita di pallone o facendo qualche altro sport.

 

Gli attacchi di panico possono a volte causare sintomi simili all'infarto del miocardio, come appunto il senso di oppressione al torace e il dolore lungo il braccio sinistro, accompagnati talvolta anche da sudorazione e brividi.
https://www.piuvivi.com/salute/capire-dolore-braccio-sinistro-cuore-problemi.html

Gli attacchi di panico possono a volte causare sintomi simili all'infarto del miocardio, come appunto il senso di oppressione al torace e il dolore lungo il braccio sinistro, accompagnati talvolta anche da sudorazione e brividi.
https://www.piuvivi.com/salute/capire-dolore-braccio-sinistro-cuore-problemi.html
https://www.piuvivi.com/salute/capire-dolore-braccio-sinistro-cuore-problemi.html

ECOGRAFIA PELVICA MASCHILE o VESCICO-PROSTATICA SOVRAPUBICA

E' un esame che richiede il riempimento vescicale ottimale per poter essere eseguito . Questo riempimento vescicale si ottiene bevendo 1/2 litro di acqua naturale non gasata , da bere a piccoli sorsi , iniziando 1 ora prima della programmazione dell'esame , senza ovviamente mingere (urinare) . La vescica deve essere ben distesa , ma non esageratamente distesa , altrimenti si impedirebbero le normali pressioni sull'addome col trasduttore , per la completa insonazione degli organi del catino pelvico . 

L'esame studia in particolare la vescica (pareti e contenuto) , la prostata (morfologia , volume ed ecostruttura) e le vescichette seminali (angolazione , morfologia , dimensioni ed ecostruttura) .

Dopo aver studiato gli organi descritti , si esegue lo studio del residuo urinario post minzione . In pratica il paziente minge , e si valuta poi quanta urina resta in vescica dopo la minzione .

Adolescenti: troppi cibi grassi alterano lo sviluppo del cervello

Hamburger, patatine, merendine e bibite zuccherate non appesantiscono soltanto il girovita degli adolescenti, ma anche il loro cervello: una dieta troppo ricca di grassi saturi rischia infatti di alterare lo sviluppo della parte frontale della corteccia cerebrale, aprendo le porte all’insorgenza di deficit cognitivi e disturbi dell’umore nell’età adulta. A insinuare questo sospetto è uno studio condotto sui topi dagli esperti del Politecnico e dell’Università di Zurigo, che pubblicano i risultati su Molecular Psychiatry.

I dati raccolti sono molto preoccupanti, spiegano i ricercatori, e il fatto che siano stati ottenuti sui topi di laboratorio non deve trarre in inganno: questi roditori sono infatti considerati il modello di riferimento per gli studi sul cervello umano, in virtù delle numerose analogie che condividono con noi. 

«La loro corteccia prefrontale matura durante l’adolescenza, proprio come la nostra», spiega il coordinatore dello studio, Urs Meyer. «Le funzioni esecutive attribuite a questa specifica area del cervello sono simili nei topi e negli umani – aggiunge – così come le strutture neuronali che risentono degli effetti negativi dei cibi grassi».

La corteccia prefrontale, nel topo come nell’uomo, è coinvolta in molte importanti funzioni, come la memoria, l’attenzione, la capacità di pianificare, il controllo degli impulsi e del comportamento sociale. Se quest’area non funziona correttamente, può determinare deficit cognitivi e alterazioni della personalità: si possono avere difficoltà nell’apprendimento, un comportamento più aggressivo e compulsivo, così come un calo dei freni inibitori. 

Per prevenire tutto questo, è fondamentale che la corteccia prefrontale si sviluppi correttamente senza intoppi, ma questo non è sempre così facile: sono molti i fattori che possono influire negativamente, come ad esempio un evento traumatico, lo stress e perfino una dieta sbilanciata, come suggerisce questo nuovo studio.

I ricercatori lo hanno scoperto sottoponendo i topi di laboratorio ad un regime alimentare eccessivo, in cui il 60% delle calorie giornaliere veniva proprio dai grassi. Questo è un quantitativo esagerato che difficilmente può essere raggiunto da un adolescente, sottolinea Meyer, ma serviva come prova di principio per osservare in maniera chiara gli effetti dei grassi sul cervello. E infatti questi non hanno tardato a manifestarsi: dopo un periodo di appena quattro settimane, i topi “adolescenti” hanno mostrato i primi segni di deficit cognitivo, addirittura prima di cominciare ad ingrassare. 

Lo studio non indica il livello di grassi oltre il quale si scatenano questi effetti deleteri sul cervello, ma «è probabile che mangiare al fast food solo una volta a settimana non comporti un rischio», rassicura il ricercatore. Il pericolo potrebbe nascondersi dietro ad un consumo eccessivo di “cibo-spazzatura” prolungato nel tempo. Ciò significa che nell’infanzia e nell’adolescenza bisogna prestare una particolare attenzione al cibo, «seguendo una dieta ben bilanciata basata su alimenti nutrienti», conclude.

Come mai anche bambini e ragazzi soffrono di mal di schiena?Quali sono le cause? E come si può prevenire? Ecco i consigli degli esperti

Anche se il mal di schiena ha un picco di incidenza tra i 30 e i 50 anni, sono molti gli adolescenti a soffrire di questo disturbo. Secondo una revisione della letteratura scientifica sul tema pubblicata dal Journal of American Medical Association Pediatrics, il mal di schiena lombare colpisce quasi due ragazzi su dieci, ma di questi solo un basso 7% si rivolge al medicoNon è l’unico disturbo “da grandi” che colpisce i giovani: un recente studio ha documentato che molti di loro soffrono anche di vene varicose, diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, problemi alle articolazioni, emorroidi e cervicale, tipici problemi che colpiscono la popolazione anziana.

Le percentuali

Secondo gli esperti dell’Ospedale per bambini Nationwide Sports Medicine dell’Ohio, il dolore lombare interessa l’1% dei bambini all’età di 7 anni, il 6% all’età di 10 anni e il 18% tra i 14  e i 16 anni. Un mal di schiena ripetuto può condizionare la frequenza scolastica o le attività sportive che spesso si fanno in età scolare e adolescenziale. In definitiva, diventa un fattore di rischio che predispone al mal di schiena anche in età adulta.

Le cause

Le cause non sono uguali per tutti: nei bambini in età scolare, la maggior parte dei casi deriva da uno sforzo eccessivo o da un trauma muscolo-scheletrico, negli adolescenti da un eccessivo o da un carente esercizio fisico. Altri possibili fattori di rischio sono un’accelerazione della crescita, fattori psicosociali, un precedente infortunio o la predisposizione familiare.

Come rimediare?

«Alcuni mal di schiena devono esser trattati da uno specialista, ma nella maggior parte dei casi un pediatra con buone conoscenze può aiutare a gestire il dolore» In genere il dolore senza causa specifica migliora con il riposo e la riabilitazione, ma una valutazione approfondita può aiutare a escludere una condizione più grave. Tra i consigli degli esperti per tenere lontano il mal di schiena in giovane età, quello di aumentare gradualmente l’intensità degli sforzi fisici e di non esagerare con le ore di sport rispetto a quanto consigliato per la propria età.

Adolescenti e sessualità: conoscono l’HIV, ma pochi metodi contraccettivi

In occasione dell’AdolescenDay, un’indagine rivela la conoscenza delle malattie sessualmente trasmissibili e della contraccezione da parte dei ragazzi italiani

Cosa sanno gli adolescenti di oggi? Ma soprattutto, cosa desiderano sapere? Risponde a queste domande un’indagine condotta dall’Istituto di Sessuologia Clinica di Roma (ISC), membro della Federazione Sessuologia Scientifica (FISS), su ragazzi tra i 13 e i 17 anni in occasione della Giornata degli Adolescenti  un’iniziativa ha lo scopo di promuovere il benessere dei ragazzi e prevenire il loro disagio. Il questionario a cui sono stati sottoposti i ragazzi (185 studenti del biennio del Liceo Classico Statale “Pilo Albertelli” di Roma) ha indagato la loro conoscenza del virus dell’HIV e di altre malattie sessualmente trasmissibili e quella dei metodi contraccettivi.

Epatite, grande sconosciuta

I risultati hanno rilevato una grande impreparazione sulle infezioni sessuali. Durante la compilazione del questionario, infatti, la maggior parte degli studenti ha chiesto ai ricercatori delle informazioni sull’epatite. Buone notizie, invece, sul fronte del virus dell’HIV, di cui la maggior parte dei ragazzi conosce i rischi: il 72% dei campione la giudica come la patologia infettiva più pericolosa.

Solo pillola e preservativo 

Oltre alle altre malattie sessualmente trasmissibili, sono poco conosciuti anche i metodi contraccettivi. Nonostante la quasi totalità degli adolescenti conosca preservativo e pillolameno del 50% del campione sa dell’esistenza di altri anticoncezionali e una percentuale ancora più bassa sa come funzionano. Che dire, poi, del modo in cui procurarseli? Per molti, circa il 45%, è imbarazzante andare a comprarli e per il 28,3% c’è anche la paura di essere scoperti dai genitori. È per questo che una quantità minima dei ragazzi associa la sessualità all’atto di acquistare o procurarsi un contraccettivo e non sorprende che del 14,6% degli adolescenti che dichiara di aver avuto rapporti sessualicompleti, il 20% utilizzi il coito interrotto come metodo per evitare una gravidanza. Per fortuna, la maggior parte (il 63%) dichiara di aver usato il preservativo.

Voglia di informazione

La consapevolezza di essere impreparati, però, c’è: oltre il 70% del campione è convinto sia necessaria un’educazione alla sessualità, ma con un personale extrascolatisco, composto da esperti del settore. I ragazzi, infatti, si dicono abbastanza soddisfattidell’educazione ricevuta ma chiedono più informazioni e desiderano approfondire, già a partire dalle scuole medie.

Genitori e amici i principali confidenti

Ma a chi rivolgono le domande sul sesso e a chi confidano dubbi e timori i giovani di oggi? Per il quasi il 92% delle ragazze la persona fidata è la mamma, mentre il 44% chiede all’amica del cuore. L’ordine si inverte nei ragazzi, la cui maggioranza si confida agli amici e una percentuale inferiore al padre. Gli argomenti più gettonati in queste confidenze sono l’igiene e le malattie a trasmissione sessuale per entrambi i sessi, seguiti dalle gravidanze per le femmine e la sessualità unita ad aspetti psicologici per i ragazzi. Pochi parlano e chiedono consigli sui metodi anticoncezionali: a farlo sono soprattutto le ragazze con circa il 32%, contro un basso 18,92% dei ragazzi.

 

Cellulare: le quattro cose che non devi mai fare: potrebbe essere cancerogeno

Lo usiamo tutti i giorni, a qualsiasi ora del giorno, per qualsiasi cosa. Il cellulare è ormai da anni il normale prolungamento di ognuno di noi, dall’adolescente all’anziano. Nonostante siano stati sollevati dei dubbi sugli effetti che può avere sulla nostra salute, il suo potenziale effetto cancerogeno è stato sfatato da uno studio australiano del 2016. Nonostante l’incremento di dieci volte dell’utilizzo costante di cellulari negli ultimi trent’anni, la ricerca ha sottolineato come il numero di pazienti con tumore al cervello sia cresciuto pochissimo negli uomini e sia rimasto identico a quello che era nelle donne.

L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc), che ha il compito di redigere l’elenco delle sostanze cancerogene su mandato dell’Organizzazione Mondiale della Salute, ha invece definito i campi elettromagnetici prodotti dai cellulari possibilmente cancerogeni, inserendoli nello stesso gruppo (2B) di caffèalcolici e patate al forno bruciacchiate

Lo smog danneggia così tanto lo sperma da farci rischiare l’estinzione?

La notizia arriva dal primo Congresso Nazionale della Società Italiana di Riproduzione Umana in corso a Roma. Il 35% dei casi di infertilità ha una causa maschile.

Un vero e proprio grido d’allarme per la natalità nei Paesi occidentali, soprattutto quelli dove il tasso di inquinamento è elevato. Studi recenti hanno dimostrato che la percentuale dei milioni di spermatozoi contenuti in un millilitro di liquido seminale si sia dimezzata negli ultimi 40 anni nei Paesi occidentali.

Le ragioni? 

Tra le principali, innanzitutto, alcune sostanze chimiche presenti nell’ambiente – metalli pesanti e diossine – e negli alimenti come i pesticidi. A questo si aggiungono anche stili di vita scorretti e inquinamento elettromagnetico che possono ridurre la qualità e quantità degli spermatozoi ed essere in grado di modificare il DNA umano.

Il parere dell’esperto

“Il sistema riproduttivo è particolarmente vulnerabile alle interferenze dell’ambiente.Il liquido seminale maschile sembra rappresentare lo specchio più fedele di quanto l’ambiente e lo stile di vita impattino sulla salute riproduttiva dell’individuo”. La dichiarazione è del dottor Luigi Montano, uno dei tre Presidenti della Società Italiana di Riproduzione Umana, UroAndrologo dell’Asl di Salerno.

Il progetto EcoFoodFertility

Durante il Congresso a Roma sono stati presentati in anteprima i nuovi dati diEcoFoodFertility, un progetto interdisciplinare e multicentrico di biomonitoraggio umano, nato sulle problematiche della Terra dei Fuochi, una vasta area situata nell’Italia meridionale, che si estende in Campania, a cavallo tra la provincia di Napoli e quella di Caserta. Il lavoro analizza campioni omogenei per età, indice di massa corporea e stili di vita di maschi sani, residenti in aree con diversi livelli di inquinamento.

Il seme maschile sentinella del rapporto Ambiente-Salute

Il liquido seminale viene usato come chiave di lettura del rapporto Ambiente–Salute, nella sua duplice funzione di precoce e affidabile sensore della qualità ambientale e della salute generale (Seme Sentinella). Il fine è quello di valutare con più precisione l’impatto che l’ambiente, l’alimentazione e lo stile di vita hanno sulla salute umana. In questo modo si può avviare in attesa dei tempi lunghi del risanamento ambientale, attività concrete ed immediate di prevenzione primaria attraverso regimi alimentari e modifica degli stili di vita che favoriscano la detossificazione naturale (“bonifica”) dell’uomo nelle aree inquinate a salvaguardia della salute riproduttiva e globale.

I primi risultati

I risultati dei primi studi su 222 campioni selezionati da due aree campane ad alto (Terra dei Fuochi) e basso (Alto-Medio Sele, nel salernitano) impatto ambientale, già indicavano differenze statisticamente significative in termini di maggiore accumulo di alcuni metalli pesanti, di danni al DNA spermatozoario, di riduzione delle difese antiossidanti nel liquido seminale, di alterazioni della motilità spermatica, di maggiore lunghezza dei telomeri spermatici nei soggetti di Terra dei Fuochi rispetto a quelli del Salernitano.

I nuovi risultati

I risultati spiegati durante il Congresso SIRU riguardano altri 327 campioni provenienti dalle aree campane, da Palermo e dall’area dell’ILVA di Taranto che confermano l’estrema sensibilità del seme all’esposizione ambientale. In particolare il dna spermatico, parametro seminale che risente più precocemente del danno ambientale, è alterato del 35% circa, quindi con danni significativamente maggiori in chi risiede nella Terra dei Fuochi e nella zona di Taranto rispetto a quelli di Palermo e del salernitano.

Il diabete (e non solo) si combatte a tavola

Prevenire e combattere il diabete a tavola, grazie a poche regole chiave. Il decalogo per sconfiggere l’eccesso di zuccheri nel sangue – il problema riguarda quattro milioni di italiani cui si aggiunge un altro milione di malati che non sanno di esserlo – è nel libro La dieta antidiabete di Elena Meli (Giunti Demetra).

Consigli e ricette che, in realtà, dovremmo seguire tutti perché «sono i principi di un’alimentazione sana, adatta anche a chi non è diabetico» spiega Giorgio Sesti presidente della Società di diabetologia. «Oltre a caratteristiche, pregi, difetti ed effetti metabolici degli alimenti più comuni, si fa chiarezza su alcuni miti alimentari e si danno semplici ma utili indicazioni, da come distribuire i cibi durante la giornata e all’interno dei pasti, a come comportarsi, per esempio, al ristorante».

Qualche “trucco”? Iniziare con proteine o fibre, invertendo primo e secondo; inserire sempre un po’ di grassi buoni (come l’olio d’oliva o la frutta secca) per aumentare la sazietà; durante la giornata, ridurre man mano le porzioni e i carboidrati, che non sono proibiti ma vanno scelti integrali. «Non è più tempo di divieti assoluti per i diabetici» aggiunge Nicoletta Musacchio, presidente dell’Associazione medici diabetologi. «Per mangiare con gusto, senza alterare il metabolismo, bastano alcuni accorgimenti: una dieta corretta non deve essere per forza “triste”».

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